27 ottobre 2021

L'importanza sta nelle piccole cose.

Oggi questo bambino mi si avvicina a passo felpato. È strano, perché di solito devo pregarlo in cinese, inginocchiata sui ceci, per fargli fare le cose con calma, inibendo la sua naturale tendenza a tirare fuori ogni gioco dalle scansie. 

Mette la mano a coppa a lato della bocca, per amplificare il suono del suo sussurro: "SSST!", mi intima. "Non dirlo alla mamma eh, perché non avevo il permesso, ma tieni, è tua. Così fai merenda".

E io non lo so. 

Non so se commuovermi per il gesto in sé o perché abbia ritenuto possibile che io mi sfamassi in questo modo, quando invece la mia rappresentazione di merenda accettabile mi vede come un facocero a digiuno da un mese davanti al cenone di Natale.

Ad ogni modo sono sempre dei mostriciattoli tenerelli.

È un foglio A4, non un A3. Ho delle mani piccine, voglio precisarlo.


18 ottobre 2021

"Senza un perché"

(Questo post andrebbe visualizzato in versione web, altrimenti temo sembrerebbero solo parole senza senso - non così tanto diversamente dal solito, dopotutto).

"Senza un perché":


Ps: La versione originale è della meravigliosa Nada, maestra di come saper essere credibile non solo mettendoci la voce, ma anche la faccia. Qui:


14 ottobre 2021

Non lo so.

È per via del fatto che ormai i giorni buoni scarseggiano, diventano come un'eccezione immersa in una marea di giorni non buoni. È per via del fatto che ci sono relazioni che durano, che crescono fiere anche senza toccarsi, vedersi, sentirsi, e altre che dopo qualche tempo non sanno più trovare cose da scambiarsi. Perché ogni relazione è uno scambio, un baratto. Ti do un mio pezzo se mi dai quel tuo pezzo che io non ho ancora, perché lo desidero tanto. Ma non si prende senza sacrificare qualcosa. È così, ed è nell'ordine naturale delle cose.

[E, quindi, perché stai così, se tutto questo è normale?]

Vedi, quando uno passa la vita a limarsi gli spigoli, finisce che da quadrato diventa tondo. Quando si è tondi e non si ha qualcosa a cui aggrapparsi, ogni refolo di vento diventa leva. Motivo per scappare, dicono i più. Si scappa, si rotola, si scappa continuamente. Diventa quasi la modalità elettiva per andare avanti. Rotolare via e ricominciare.

[Credi che smetterai mai?]

Non lo so.



7 ottobre 2021

Portoni.

Questo pomeriggio il portone della chiesa in piazza era chiuso. Di solito passo di mattina, durante la messa, quando è aperto, ma non oggi.

Riflettevo mentre camminavo sul fatto che da bambina le maniche dei maglioni che indossavo erano così lunghe che sarebbe stato impossibile fare qualsiasi cosa, ed erano quindi costantemente risvoltate. Per questo mi risulta così difficile accettare di fare la medesima procedura con i jeans, credo, al giorno d'oggi. Infattibile, davvero: mi sentivo allora talmente inadeguata da poter attribuire a quel periodo l'origine della mia fatica esistenziale.
Ad ogni modo - pensieri idioti a parte - è stato mentre pensavo ai risvoltini ai jeans che l'ho notato: il portone della chiesa in piazza era irrimediabilmente chiuso. Serrato.

È buffo - no? - che anche un luogo simbolo di accoglienza incondizionata come può esserlo una chiesa ogni tanto chiuda l'ingresso principale. Eppure è necessario, probabilmente.
Come è necessario ostacolare un po', ogni tanto, l'entrata di qualsivoglia stimolo nel proprio animo. È necessario tutelarsi. Proteggersi. Ricaricarsi.

E forse sta proprio lì, il punto del mio ricercare e poi respingere, ultimamente. Allargare le braccia per poi stringerle, conserte. Incamminarmi lungo un sentiero che irrimediabilmente non avrò la costanza di seguire sino al traguardo. Sì.
Dovrei affiggere un cartello sul mio petto:

"Non vogliatemene, sto cercando di salvarmi".
Sarebbe più facile parlare. 
Meno pericoloso, vivere.

1 ottobre 2021

Colpe vs rabbia.

Ho posato gli occhiali, ho tolto il laccetto nero in fondo alla treccia, ho snodato i capelli, ho levato il mollettone e ho sospirato. Poi ho avvicinato la salvietta, ho aperto la finestra per bene in modo da non permettere al vapore di ristagnare, quindi sono entrata. Sono entrata in doccia, sì, ma con il reggiseno ancora indosso.

Non appena le prime gocce NON hanno bagnato il mio petto come avrebbero dovuto, ho lanciato un'occhiataccia al getto caldo, come a domandargli se si fosse rincretinito improvvisamente. Così, per dare la colpa a qualcuno.

Lo facciamo spesso, no? Attribuire colpe a chi non ne ha, almeno direttamente. Che poi, mh, mi viene in mente quel qualcuno che dice che "colpa" è sempre un modo di dire sbagliato. E forse è davvero così.

Ad ogni modo ho tolto il reggiseno e l'ho lanciato fuori, scuotendo la testa, in un modo tutto mio di NON ammettere l'errore, quasi in reazione al fastidio procurato dall'indumento anziché all'imbarazzo che il mio essere stordita mi ha procurato.

È come quando sono arrabbiata e quindi divento triste, quasi in reazione all'autonalisi inclemente anziché al torto subito.

Una rincoglionita, appunto.