25 marzo 2022

Maionese.

Ho fatto la maionese stasera, e l'ho fatta per due ragioni. 

La prima è che ne avevo una voglia smisurata, eppure mi sono dimenticata , sabato scorso, di comprarla al supermercato. Mi pareva insopportabile l'idea di non poter farcire il mio panino con la maionese.

La seconda è che tu mi piaci da impazzire. Lo dico - e te l'ho scritto - riferendomi al senso letterale dell'espressione. Quando penso a quanto mi piaci, ecco, mi sembra di impazzire. Impazzisco talmente tanto da condividere con te cose che non direi a nessuno, come appunto il fatto che mi piaci da impazzire. 

Dovevo in qualche modo riempire il silenzio con cui mi hai risposto, quello non certo dovuto al fatto che tu non abbia nulla da rispondere, non certo dovuto al fatto che io non ti procuri lo stesso effetto. Un silenzio dovuto al fatto che non c'è nient'altro da dire, perché ciò che affermo è vero. E tu lo capisci. Dovevo in qualche modo riempire il silenzio dei tuoi occhi che mi guardavano dall'altra parte dello schermo con qualcosa che rischiasse di impazzire, come me, ma che non lo facesse. Che se ne restasse buona buona lì.

Così ho mischiato tuorlo e olio di semi come se non ci fosse un domani, perché a volte anche se le cose ce le meritiamo noi e non qualcun'altro, beh: non le otteniamo comunque. Fine della storia. Così va la vita.

Per questo, appunto, per tutto questo ho fatto la maionese stasera. E poi ho bevuto uno spritz. E adesso non c'è nessun modo differente in cui vorrei dire quello che sto dicendo. 

È una fortuna che io abbia un panino da farcire, è una fortuna che la maionese non sia impazzita, è una fortuna avere te, da qualche parte nel mondo.

Buon appetito.

17 marzo 2022

Viola

Mercoledì sera, ore 20:00.

La prima paziente del mercoledì è tosta. Lo è sempre, anche quando è di buon umore. Lo è quando tenta di strapparmi via la visiera e la mascherina, quando lancia i personaggi della casetta contro il muro, quando si tappa orecchie e occhi per non doversi interfacciare con me, quando mi graffia le mani se tento di mettermi in contatto visivo con lei. 

Stamattina abbiamo soffiato in un bicchiere di plastica riempito d'acqua, sapone e tempera viola. Abbiamo creato vulcani di bolle che andavano a colorare i fogli messi sotto, a mo' di tovaglietta. Mi guardava negli occhi, lo faceva senza che nemmeno glielo chiedessi, ed era felice. È stata tosta lo stesso, ma era felice.

Ora, dodici ore dopo, appena rientrata a casa, quello che mi resta di questo mercoledì sono i polpastrelli colorati. Sapone e gel igienizzante non hanno saputo risolvere la cosa in nessun modo per tutto l'arco della giornata. Mi guardo le dita e sospiro, pensando alla stanchezza. Pensando a quei colori.

Sono stanca di una stanchezza che nemmeno l'acquaragia saprebbe lavar via. Aspetto che arrivi in fretta ciò che deve, con la stessa aria guardinga di un cucciolo d'animale che non sappia quale pericolo troverà una volta girato l'angolo.

Sola. Così.