28 settembre 2021

Ditemelo voi (pillola di logo #non ricordo, poi la cerco)

Come sempre a fine seduta, questa piccola bimba selvaggia si arrampica sullo sgabello e gioca con la casetta di legno mentre do il rimando alla sua mamma. 

Oggi le sto dicendo che le cose vanno più che bene. In una manciata di mesi sua figlia ha recuperato praticamente tutto l'inventario fonetico e lo sta generalizzando alla velocità della luce. È passata da un eloquio quasi completamente incomprensibile a un linguaggio ricco e fluente, deliziosamente maturo in certi momenti. La informo, quindi, che ho deciso di diradare le sedute e la invito a prepararsi a terminare il percorso di riabilitazione logopedica a breve. Lei sospira e porta una mano al petto, gli occhi lucidi. 

Dice il nome della piccola, la chiama vicina e in un istante quell'esserino spettinato sul quale i vestiti - seppur meravigliosi e curati - sembrano sempre delle pezze raffazzonate e appiccicate alla bell'e meglio, fa capolino al suo fianco, lo sguardo ampio e mai distratto. 

- Hai sentito cosa ha detto Martina? Tra poco avrai finito di lavorare con lei, non verremo più qui! -.

Lei saltella sulle gambe magre e lunghe. Due stuzzicadenti, quasi mi chiedo come possano resistere a tanto sforzo senza mai spezzarsi.

- Sì. Ho sentito. Ma non è vero: Martina resterà sempre, per me -. 

E quindi funziona così, in questo momento dove sento così vuoto il mio, di fianco. In questo momento dove non capisco che ruolo voglio avere. Ora, qui ed ora, che mi sento il solito scarabocchio. Adesso, che fa così dannatamente freddo nonostante l'estate si sia rotta da poco. Che guardo la felicità altrui e la invidio così profondamente, così violentemente da sentirmi in colpa e controllo gli occhi, le lacrime, i sentimenti, per non lasciare trapelare nulla di questo nero che ho dentro.

Funziona così, e so che ragione ne ha da vendere, quello scriccioletto selvatico tutto scombinato: io ci sarò sempre, per lei. 

E lei ci sarà sempre, per me. 

E, mi dico io, se questo non è un edulcorato, strambo e quasi indecente modo di essere madre, allora, io davvero non so che cazzo è. 

Ditemelo voi, che cazzo è.

24 settembre 2021

20 settembre 2021

Si è rotta l'estate.

Niente, non riesco in alcun modo a distogliere la mia mente da questa manciata di parole: si è rotta l'estate.

Il motivo per cui vorrei liberarmene è che non è mia, l'espressione, ma del mio ex. Il motivo per cui non riesco a farlo è perché mi è sempre piaciuta follemente.

Ricordo un'estate di qualche anno fa, era agosto inoltrato, e stavamo camminando in mezzo alle bancarelle di una festa politica (ovviamente); una folata più rigida delle altre ci ha fatti stringere nelle nostre felpe e tu hai esclamato: "Ecco. Si è rotta l'estate. È fatta, non tornerà più indietro". Ed era vero. 

Quell'estate non ci sono stati più pomeriggi torridi, serate in magliettina leggera, piroette sul letto alla ricerca di una qualsivoglia corrente d'aria. L'estate si era rotta, semplicemente. Era il caso di fare i conti con settembre, con tutti i propositi lasciati in sospeso a giugno, con le agende da riprendere a compilare. Con la conclusione di tutti quei giri che ci facevamo in gelateria.

A volte l'estate si rompe ad agosto, ho imparato. Altre a settembre. Quest'anno, l'estate, si sta rompendo adesso. Io lo sento, voi lo sentite? Chissà. 

Mi chiedo se abbia pronunciato anche lui queste parole, ultimamente. A volte ripenso a come finiscono le cose. A come ci si allontana improvvisamente da chi ci è sembrato prima così vicino. È che nel nostro caso non si era rotta solo l'estate. Si era rotto un po' tutto. E in un modo che nemmeno la supercolla avrebbe saputo risolvere. In un modo che nemmeno un giro in gelateria sfidando i primi freddi avrebbe saputo risolvere.



18 settembre 2021

🤟🏻

Sto qui appoggiata a un tavolino mammut a sentire questa metà di settembre che mi si incunea tra le costole. Ho accanto a me una borsa contenente dei mezzi di trasporto che si agganciano magneticamente, dei pupazzetti a dita e gli animali della fattoria.

Mi passano davanti agli occhi le immagini di quell'ambulanza e penso che sul lettino, lí, mezzo ustionato, potevi esserci tu. Poi un'altra immagine, una mano, per rassicurarmi, le tue tre dita alzate: "Rock 'n Roll babe".

Potevi esserci tu, sì.

Allora penso che sarebbe tanto meglio che le ambulanze fossero solo dei giocattoli con la calamita, da attaccare a autopompe dei vigili del fuoco fatte di plastica e alla volante della polizia con le sirene sempre ferme, dipinte.

Per fare solamente finta di.

Per fare finta.




15 settembre 2021

Parole a latta di tonno

Quando è che certe parole e certe immagini smetteranno per me di essere il bordo di una latta di tonno? "Sussurri tu, mi slabbro, io", avevo scritto.

Ed è così.

Certi argomenti mi tagliano dentro, lacerandomi profondamente. E a me non resta che tamponare l'emorragia, alla bell'e meglio. Con dei cenci presi chissà dove, da chissà chi. Con chissà quale istinto di sopravvivenza.

I sogni stanotte mi hanno portato via labbra e voce, che al di là dell'essere le sole due cose, insieme al collo, che preferisco di più di me, beh, hanno quel sottile filo conduttore che riguarda l'esprimersi. Ma sono io. Io me lo sto impedendo. Trovo questo sfogo nel blog, mi illudo che possa essere sufficiente, ma le giornate mi si accartocciano addosso. 
Vedo una sirena nell'angolo. Si è attivata, rossa, e mi osserva col suo occhio rotante. Mi dice "Fai qualcosa. E fallo in fretta".

Fai qualcosa.
E fallo in fretta.

Fai qualcosa.
E fallo in fretta.

12 settembre 2021

A rovescio.

Questa mattina ho notato che quando scrivo qualcosa in versi (qualcosa di assolutamente mai definibile poesia, si intende), tendenzialmente lo scrivo a rovescio.

Parto con un verso, premo invio, riporto il cursore indietro e riempio gli spazi antecedenti.

Non capita così con la prosa. Con la prosa parto, parto per arrivare nemmeno so dove (ecco perché non sono una buona scrittrice) ma seguo l'ordine consueto.

Vedermi scrivere "a culo in su", come si dice dalle mie parti, mi fa immalinconire un po', se devo essere sincera. Perché è proprio come spesso mi sento. Al contrario. A rovescio. Una maglietta con etichette e cuciture all'esterno.

Sbagliata, se vogliamo generalizzare le cose.

L'occasione è stata questa:


DIFESA

A base fredda
La pelle incisa 
                              di cicatrici

(Tu vedi, io sento)

Bolla di sapone smerigliata.



Leggetela come credete. Dritta o al rovescio, fate voi.

9 settembre 2021

Nascondino.

Ero calma mentre parlavo con V., il mio psicologo, stamattina. Ero appoggiata allo schienale della sedia e avevo le gambe incrociate, cosa per cui mi avrebbe ripresa, se solo lo avesse intuito. Ma lo schermo mi inquadra dal petto in su, di solito.

Mi ha sentita raccontare tante cose, poi ad un certo punto ha chiesto se avessi mai giocato a nascondino, da piccola, perché a volte è come quando batti la mano su "tana libera tutti". Ci sono posti sicuri, posti ai quali sappiamo di appartenere; tane, appunto.

Possederne uno (o più di uno) non è scontato. C'è chi non si sente a casa in nessun posto. Mai. 
Quindi sapere che c'è un luogo dove siamo liberi di tornare e che ci permetterà di sentirci bene è una fortuna. Sapere che ci sono le nostre persone, lì, è una fortuna. Poterci riparare, salvare, riposare, fermare lì, è una fortuna.

Indipendentemente dal fatto che V. mette le cose sempre in un modo in cui non si può non essere concordi con lui, stavolta (come se le altre volte non finisse mai così) ho anche pianto molto. È un po' come aver girato pagina e cambiato capitolo, e mi fa strano. 
Eppure quella tana lì non è stata coperta affatto dalla cellulosa, perché è uscita dal libro e mi si è posizionata dentro.

E fa bene.
Fa bene saperlo.
Sentirlo.



4 settembre 2021

Oltre.

Avete presente quella sensazione di quando si incontra qualcuno in un contesto diverso dal solito? Ad esempio, c'è questo tizio alto alto e magro che assomiglia a un Giorgio Canali di periferia. Cioè della periferia di quella periferia da dove salta fuori il Giorgio Canali reale. Ad ogni modo: lo incontro spesso la mattina, mentre percorro il centro in larghe falcate per andare a lavoro. Ha sempre questo completo grigio che gli rende le gambe a sigaretta ancora più lunghe e dritte di quanto già non siano. I capelli raccolti in una coda sbrigativa (fino alla primavera li lasciava sciolti, ma ora sono cresciuti, evidentemente) e l'aria da comunista squattrinato. Oggi era a fare la spesa. Ci siamo incrociati tra la corsia dei formaggi e quella delle patatine ed entrambi, dopo una fugace occhiata, abbiamo distolto lo sguardo quasi imbarazzati. Perché non era normale incontrarci lì. Era come spiare una quotidianità che non aveva senso condividere, capite?

La stessa cosa - o meglio, una declinazione diversa dello stesso concetto - mi è capitata ieri sera.

Il gruppo era bene o male lo stesso. No, con elementi nuovi, lo ammetto. Elementi sconosciuti. Ma il mio ex gruppo di lavoro resta, nelle fondamenta, quello di sempre. Eppure, ieri sera, io mi sono sentita diversa. Mi sono sentita oltre tutto quello che stavo vedendo. Oltre quei meccanismi, quelle dinamiche, quelle modalità. Assolutamente restia ad immergermici nuovamente. Diversa. Aliena. Estranea. Ed è stato così scioccante che ancora oggi sento le vibrazioni lente delle onde emotive che si infrangono contro le mie pareti, all'interno.

Non faccio più parte di, e ancora non faccio parte di.

E, quindi, mi domando: di che cosa esattamente faccio parte?

3 settembre 2021

Habibi ya nour el ain.

Negli ultimi due giorni ho fatto tante cose.

Ho pianto (che però non è una novità).

Ho visitato una torre, credo. C'erano tanti gradini. Grate per osservare il panorama. E non ero sola.

Ho risentito voci dopo tanto, tantissimo tempo. Ed erano uguali e diverse da allora. 

Ho preso decisioni, un po' imponendomi.

Ho accolto preoccupazioni nelle mie mani, nelle mie orecchie. 

Ho sentito il sussurro dei ringraziamenti e la scossa del fastidio.

Ho contato e controllato, capendo che non dovevo farlo.

Ho sentito gli occhi bruciare, il corpo sudare, il piedi rompersi.

Ho sfidato posti nuovi, modalità sconosciute, riconoscimenti.

Ho capito di non essere sola. E forse si riduce tutto a quest'ultima cosa.

Grazie.

2 settembre 2021

Considerazioni sparse.

1. Le persone come me quando dicono una cosa non la devono poi riconfermare. Quella è.
2. La voglia che ho oggi di uscire di casa intorno alle 16:00 sarà pari a quella che avrò domani verso le 14:00 quando dovrò fare la medesima cosa.
3. Una volta andata questa settimana andrà meglio.
4. No, non è vero ahahahah.
5. Settembre del cazzo. Settembre del cazzo. SETTEMBRE DEL CAZZO.
6. Dai.
7. Ma con chi parlo?
8. Ho piantato dei fiori in un vaso volontariamente e dopo settimane non esistono più. Ci ho buttato a caso un seme di limone e sta crescendo la piantina.
9. "When Life gives you lem...va beh.
10. Stasera mangio la pizza.
11. Fa ridere se dico che il mio psicologo stamattina mi ha paccata?
12. A me no.
13. Ho bisogno che le temperature calino.
14. La mia pancia mi ricorda che sono in ansia. Grazie pancia.
15. Le cose sembrano più difficili prima di iniziare a farle. Se continuano ad esserlo, c'è qualcosa che non va.



1 settembre 2021