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30 agosto 2014

Dammi tre parole.

Tre cose. Ci sono tre cose che proprio fatico a tollerare.

1. La stupidità. Da non confondere con l'ignoranza: c'è gente ignorante che mi bagna il naso e che sa tenere testa agli altri con la forza della concretezza che possiede. Mia nonna era semianalfabeta, manco aveva finito le elementari. Ma era una buona persona e sapeva il fatto suo. Aveva un orto splendido e la sua casa profumava sempre di buono. Gli stupidi sono quelli che si fermano alla superficie delle cose, che non chiedono perchè è meglio cosí, che non si interessano perchè sono troppo concentrati ad essere stupidi. Non si riesce a parlare con gli stupidi, perchè non colgono il senso celato dietro alle parole, le note tra una riga e l'altra, i doppi sensi, l'ironia. Sono noiosi e mi fanno sentire frustrata.

2. L'ingiustizia. Ne vedo tanta, soprattutto col lavoro che faccio. L'esistenza di bambini infelici dovrebbe essere illegale. Dovrebbe essere bandita dalla realtà, lasciata solo per registi o scrittori che vogliano sbizzarrirsi con la fantasia in opere tristi. Ma, a dire il vero, l'ingiustizia non c'è solo nel mio lavoro; dilaga ovunque: nella vita di tutti i giorni, nella famiglia, nella politica. Ovunque. E spesso resta impunita, cosa che è ancora più ingiusta dell'ingiustizia. Resta nascosta, resta muta. Ingiustizia è vicolo cieco, è peso sul petto, boccone incastrato in gola. È quanto di più letale ci sia per il guizzo, l'inventiva, la voglia di cambiamento: se esiste ingiustizia, spesso molti tentativi, ipotizzabili vani, non vengono nemmeno fatti. Ingiustizia è ristagno.

3. La mancanza di rispetto. Mamma e papà me li hanno inculcati forti, i miei valori. Tra tutti, sceglierei il rispetto quale più importante. Rispetto è a volte tacere, o rendere il proprio intervento il più cauto possibile, perchè a volte ci sono equilibri che un piccolo atto poco pensato potrebbe ribaltare. Rispetto è ascoltare, capire e voglia di conoscere. Rispetto è mai giudicare, se non si sa. La mancanza di rispetto mi coglie impreparata, la maggior parte delle volte. Non sono una santa, ma sono quella che sorride alla cassiera e dice "Grazie, buona giornata", e "Oh, mi scusi", e "Permesso". Il rispetto è alla base di qualsiasi rapporto, futile o importante che sia. Senza rispetto non vale la pena di costruire castelli o riorganizzare la propria esistenza.

Di questi tempi ho incontrato parecchi stupidi, ho avuto a che fare con grosse ingiustizie (personali e non) e mancanze di rispetto.
Vogliate scusarmi se non sono proprio di un umore eccelso, se non mi va molto di uscire e incontrare nuova gente da conoscere, plausibilmente molto simpatica e gentile. Penso di avere finito la mia scorta di pazienza e di menefreghismo, per ora; diciamo che sono in fase di ricarica?
In realtà mi girano parecchio i coglioni.


18 novembre 2013

Ricetta #3 : we love patata.

Nostalgia-time: Ricetta #1 e Ricetta #2.

INGREDIENTI
- 250 ml di vari spunti a cazzo;
- 1 film intero o parzialmente scremato che avresti voluto evitare ("500 giorni insieme")
- 2 sogni strani (uno tuo, uno su di te ma raccontato)
- 200 g di Torrone (c'è la festa del Torrone sìsìsì fino al 24 novembre sìsìsì il torrone mi fa cagare sìsìsì)
- 1 telefonata
- spesa di 200 euro per far fuori la busta paga a fine dieta (nel senso che è magra ma fingiamo che sia cicciona yeahhh!!)

PROCEDIMENTO (difficoltà ALTA, necessarie almeno 2 mezze giornate)
1. Prendere il Torrone e buttarlo nella spazzatura, o barattarlo con il meloncello per Anna che io sono astemia quindi i liquori non li bevo. 
2. Se lo stomaco brontola, ordinare una margherita con tante patatine (perchè a NOI PIACE LA PATATA), facendo fuori mozzarelline, olive, girelle di formaggio e pomodoro, polenta fritta, crocchette (ALLA PATATA). Si ringrazia Alice per la cena sana e la serata cinema.
3. Ascoltare al telefono il sogno strano per cui si verrebbe paragonati ad una venditrice di magliette del mercato che lascerebbe incustodite le magliette a fine giornata, col pericolo che chiunque possa rubarle dalla bancarella. 
4. Sognare a propria volta di possedere delle tasche di pelle a sinistra del naso, tasche in cui si potrebbero nascondere dei bottoni in eccesso strappati da una camicia a quadri. 

Conclusione: mixare il tutto con minipimer, comprendendo di essere una venditrice obesa di magliette, astemia, con delle tasche epiteliali ai lati del naso, plausibilmente affetta da cleptomania (ma solo nei confronti dei bottoni). Versare il tutto in uno stampo in silicone (sui banchetti della Fiera del Torrone ne vendono tanti, venite a Cremona, orsù, avete tempo fino al 24 novembre). Infornare e far cuocere a forno ventilato per 25 minuti.
Il giorno successivo, per riprendersi, spendere EURO DUECENTO in:
- un cappotto molto figo;
- un hard disk esterno (esagggeriamo, spendiamo un po' di più e arriviamo a un TERA - che fino a due giorni fa credevi che fosse uno degli errori dei tuoi bimbi disortografici che dimenticano sempre le doppie -)
- un giochetto PS3 per Fratellopaziente che mi accompagna nel mio peregrinare fantasioso
- i primi regalucci di Natale (merricristmasssss)
- la benzina della macchina (che, voglio dire, per il pellegrinaggio ce n'è bisogno).
- Ebbasta.

WE LOVE PATATA

Oh. Ma che si sente che sono di buon umore???????

9 agosto 2013

Se scrivo TETTE mi censurano?

OK. Non prendiamoci in giro.
Mi hai guardato le tette, amico.
No, no: NO. Non credere che il tuo sguardo successivo all'averti beccato in stile "sto guardando verso l'infinito e oltre, riflettendo su quello che mi si sta dicendo come se fosse l'ultima domanda di Chi vuol essere milionario", mi abbia fregata. No. Mi sono accorta benissimo che mi stavi guardando le tette.
Che per altro (voglio specificare) erano coperte. Mica che si pensasse che vado in giro con le minne fuori.

Ora. Perché diventa fonte di riflessione questa cosa?
Ve lo spiegherò subito. Mi sono chiesta quale potrebbe essere la reazione di una ragazza a cui vengono guardate le tette (quante volte sto scrivendo tette, dannazione??!). E, razionalmente, il mio cervello mi ha suggerito due opzioni logiche:
1. La ragazza ne è compiaciuta e ci gioca sopra;
2. La ragazza si infuria e prende a parole e/o a pugni il marpione.
Ecco. Io non rientro in nessuna di queste due categorie. Io mi imbarazzo in una maniera assurda.

Perciò, successivamente alla..all'osservazione, diciamo, dentro di me facevo pensieri del tipo:
"oddio..forse dovrei smettere di tenere le braccia conserte",
"oddio..se tolgo adesso le braccia potrebbe far pensare che ci sto pensando",
"che reggiseno ho messo su stasera che sembrano due palloni da basket?",
"forse se smetto di respirare.."
"okkei..sto attenta a ciò che viene detto, sorrido, annuisco..che domanda mi hanno appena fatto??!".

Bene. Quindi. 
Cari esseri umani interessati alle mie tette, vi prego: smettetela.
Vi assicuro che non sono poi sto gran che, una volta liberate dalle gabbie. Non mangiano, non si lamentano, non sono interessanti. Stanno lì. Vegetano. E, ogni tanto, mi piacerebbe regalarle a qualcun'altro.
Tipo quando corro (cioè quasi mai), quando mi voglio guardare la punta dei piedi, quando faccio la verticale (ahahah, questa è buona), quando compro le camicie, quando dormo a pancia in giù (cioè sempre) e quando mi cadono le briciole nello scollo della maglietta (che farsi vedere a rovistare là dentro fa sempre l'effetto "ma che è, la borsa di Mary Poppins?").

Vi prego: abbiate pietà delle povere ragazze con la taglia al di sopra della terza.
La verità è che ci sentiamo emarginate.
Dovreste volerci bene solo per questo. 
Non fissateci la scollatura: adottateci (mioddio, si dice "adottateci"??).
Io, per esempio, sarei meno fastidiosa di un cucciolo di foca.
Giuro.