26 gennaio 2016

Medie.

L'altra notte ho sognato che era di nuovo il primo giorno di scuola media. La preparazione dello zaino sembrava non finire mai, io non ricordavo se le lezioni iniziassero alle 14 o alle 14.30 e mia madre non sembrava affatto intenzionata a darmi uno strappo nel caso in cui proprio non riuscissi ad arrivare in tempo.
Alle medie vere, nella realtà intendo, avevo una bellissima bicicletta bianca e rossa che usavo nei giorni primaverili per andare a scuola. Ero una ragazzina strana, però non stupida. Ero brava a scuola ma non venivo presa in giro; è qualcosa che ha sempre caratterizzato la mia vita. Era come se le persone pensassero che era meglio non sfottermi. Così, per qualche assurda ragione. O forse perchè non ho mai mancato di rispetto a nessuno.

Beh c'erano questi due ragazzini più grandi, quando ero alle medie. E a loro piaceva tanto rubare la mia bicicletta e quella di un'amica per andare in paese a comprarsi la focaccia per l'intervallo. Odiavo quel momento, quello in cui ci attendevano al cancello della scuola, si mettevano davanti alla ruota e ci costringevano a lasciar loro le bici. Odiavo loro, a dirla tutta.
Ricordo che quell'anno, alla festa della scuola, avevo ritrovato la mia bici col manubrio tutto storto, buttata così, a caso, nell'erba del cortile. E ricordo di esserci rimasta male. Sembrava, allora, qualcosa che io non avrei mai avuto il potere di cambiare, come potesse durare in eterno, quale perenne tortura di chi non ha abbastanza voce per dire "no". Come se non potessi fottermene anche io, una volta tanto, pigiare forte i pedali e asfaltare i loro testicoli, la pancia, il collo, e proseguire avanti.

Non so che fine abbiano fatto, quei due imbecilli. Non mi importa molto.
Quello che conta è che le cose si ripetono, e ormai a 27 anni dovrei essermene fatta una ragione. E invece no.

Vedo questa foto dai colori arcobaleno, e quella faccia da rasatura fresca anche se la barba non deve essere tanta. Vedo l'espressione volutamente tormentata e vedo l'assenza dei segni che ho imparato a conoscere e ad amare in silenzio. Non ci sono perchè allora non c'erano, e quel ragazzo non è l'uomo che conosco e le ferite, le esperienze, la vita ancora non ha fatto troppi giri su quella faccia. 
E dentro - la sento - c'è la stessa inerzia, precisa, con cui mi ricordo scendere dal sellino e consegnare la bici bianca e rossa trattenendola un altro po' per il manubrio. C'è la stessa modalità di lasciare andare le cose come vanno, che mica c'è da condannarlo come atteggiamento, non è affatto sbagliato. Ma è doloroso. È subdolo, è qualcosa che si infiltra e si fa sentire, persistente. È freddo, è inverno buio.

E io non lo so. Non lo so cosa c'entri la mia bicicletta bianca e rossa con l'Amore, santa pace. So solo che sarebbe meglio raccoglierla dall'erba e raddrizzarle il manubrio, perchè con quel catorcio io di strada ne voglio ancora fare un bel po'.
Oh, sì. Un bel bel po'.

6 gennaio 2016

Sole.

Alla fine il sole tornerà sempre,
dopo il nevischio, le uvette nere, i tavoli allungati.
Tornerà dopo le fughe su canali veri o dipinti,
dopo i graffi sulla porta, le ore di ozio, il sonno rubato al pomeriggio.
Tornerà e riporterà alla mente vacanze lontane,
primi tentativi di un nucleo in formazione,
di uno e uno che fa uno e non due,
perché se anche non opinabile, 
la matematica a volte si adatta alla vita.
Il sole ritornerà e soffierà nel naso profumi futuri:
ci sarà un albero, allora, e una stanza sempre in disordine
con i colori mezzi aperti e cinque opere in corso;
ci sarà un tiragraffi in un angolo,
un piano, una poesia appesa alle pareti
- a ricordo costante dei punti di partenza
come bivio al contrario, che si debiforca
(e debiforca sarà accettato dai dizionari, nell'allora) -.
E il forno sarà sempre caldo,
google maps costretto a far calcoli
e scorci nascosti si paleseranno alle nostre fotocamere.
E a volte, ci saranno volte in cui
- come spesso mi capita - mi metterò a piangere
senza un perchè. Perchè son donna,
e mi piace pensare che solo le donne sappiano intuire
quando gli angeli soffrono, e ne soffrano, di conseguenza.
Beh, piangerò. E quando mi domanderai il motivo
- e io non saprò trovarlo -
nell'allora mi dirai, sorridendo in quel tuo modo bambino,
di non preoccuparmi mai.
Che il sole torna sempre, alla fine, dirai.
Di non preoccuparmi affatto.