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17 marzo 2022

Viola

Mercoledì sera, ore 20:00.

La prima paziente del mercoledì è tosta. Lo è sempre, anche quando è di buon umore. Lo è quando tenta di strapparmi via la visiera e la mascherina, quando lancia i personaggi della casetta contro il muro, quando si tappa orecchie e occhi per non doversi interfacciare con me, quando mi graffia le mani se tento di mettermi in contatto visivo con lei. 

Stamattina abbiamo soffiato in un bicchiere di plastica riempito d'acqua, sapone e tempera viola. Abbiamo creato vulcani di bolle che andavano a colorare i fogli messi sotto, a mo' di tovaglietta. Mi guardava negli occhi, lo faceva senza che nemmeno glielo chiedessi, ed era felice. È stata tosta lo stesso, ma era felice.

Ora, dodici ore dopo, appena rientrata a casa, quello che mi resta di questo mercoledì sono i polpastrelli colorati. Sapone e gel igienizzante non hanno saputo risolvere la cosa in nessun modo per tutto l'arco della giornata. Mi guardo le dita e sospiro, pensando alla stanchezza. Pensando a quei colori.

Sono stanca di una stanchezza che nemmeno l'acquaragia saprebbe lavar via. Aspetto che arrivi in fretta ciò che deve, con la stessa aria guardinga di un cucciolo d'animale che non sappia quale pericolo troverà una volta girato l'angolo.

Sola. Così.





25 novembre 2021

La vita a volte è una merda, altre volte no.

25/11/2017


Bambina: Tu ce li hai bambini?

Io: No.

Bambina: E non li vuoi?

Io: È difficile, sai, dare una risposta cosí.

B: Come? Perchè?

Io: Ci sono tante cose da pensare bene.

B: Beh. Se li vuoi lo dici e li vai a prendere.

Io: Ahah, sí. Va bene, ci penserò.

B: Comunque sono fortunata.

Io: Perchè?

B: Perché ho te. Mi fai fare cose belle. Mi piace avere te come lododiditta.

Io: Eh?

B: La mia lododiditta.


Chiaro. Tutto.

💚

14 novembre 2021

14 novembre 2019. Sono passati due anni eppure sembra ieri.

A volte anche nella vita dei bambini succedono cose sbagliate, improvvise, destabilizzanti. Cose che, ad esempio, riguardano la morte di qualcuno di importante. Per questo, all'ingresso, la mamma mi prepara ad un bambino che sarà - a detta sua - esplosivo. È il modo in cui metabolizza le cose da sempre, dopotutto.

Lui entra in stanza e si siede. Prende il quaderno e noto per la prima volta queste mani dalle dita così lunghe che sembrano rami in inverno. Dita così incapaci di fare che neppure quelle leggerissime pagine riescono a girare. "Non ci riesco", dice. Lo aiuto.

Mi chiede poi di stampare una storiella e, mentre la commentiamo, lancia una biro alle sue spalle guardandomi, provocatorio. Dopo un po' gli chiedo se può raccogliermela, perché ho bisogno di scrivere. "Ma certo", risponde. 

La prende, mi guarda, e la scaglia con una forza incredibile contro il vetro alle mie spalle. Mi passa a pochi centimetri dalla faccia e mi sembra che mi lasci un solco, ma dentro. 

Non reagisco in nessun modo. Lui mi circumnaviga, la raccoglie di nuovo e me la porge gentilmente.

Sceglie infine di giocare con i mezzi di trasporto. Di solito succedono disastri e incidenti incredibili. Oggi, invece, la betoniera è il capo dei lavori e tutti i veicoli lavorano insieme, uniti.

Lo guardo ancora, e in un battito di ciglia mi chiedo come sia possibile spiegare ad un bambino che la vita è fatta così, come quelle sue dita a forma di rami in inverno. Talvolta gentili e armoniose, talvolta crudeli e violente, talvolta ancora incapaci e frustranti.

"Andiamo dalla mamma adesso?", mi domanda poi.

Ed è a questa richiesta così semplice e naturale che concludo che quella che non sa spiegarsi la vita sono io, dopotutto. Quella che ancora cerca un equilibrio in ciò che mai l'avrà. Quella che si stupisce dei boati che il silenzio produce.

Io, con le mani aperte, dal palmo a cuore.



27 ottobre 2021

L'importanza sta nelle piccole cose.

Oggi questo bambino mi si avvicina a passo felpato. È strano, perché di solito devo pregarlo in cinese, inginocchiata sui ceci, per fargli fare le cose con calma, inibendo la sua naturale tendenza a tirare fuori ogni gioco dalle scansie. 

Mette la mano a coppa a lato della bocca, per amplificare il suono del suo sussurro: "SSST!", mi intima. "Non dirlo alla mamma eh, perché non avevo il permesso, ma tieni, è tua. Così fai merenda".

E io non lo so. 

Non so se commuovermi per il gesto in sé o perché abbia ritenuto possibile che io mi sfamassi in questo modo, quando invece la mia rappresentazione di merenda accettabile mi vede come un facocero a digiuno da un mese davanti al cenone di Natale.

Ad ogni modo sono sempre dei mostriciattoli tenerelli.

È un foglio A4, non un A3. Ho delle mani piccine, voglio precisarlo.


26 novembre 2016

Come il formaggio.

Oggi sono sei anni che mi sono laureata.
Lavorare come logopedista è un qualcosa che si inizia - se si ha fortuna - sin da subito; essere una logopedista, invece, ha bisogno di una maturazione lenta e graduale. 
Come, il vino, penso. Ma sono astemia, quindi va beh. Come il formaggio, ecco.

Essere una logopedista è qualcosa che riempie e svuota, tante volte addirittura in contemporanea. Chiunque dicesse che versamenti e prelievi si controbilancino sempre, beh, sarebbe un grande bugiardo. Ci sono periodi bui, in questo mestiere. Come nella vita.
Ci sono volte in cui varchi la soglia dello studio senza la minima energia, chiedendoti come farai, quel giorno, a ricorrere alla magia. Perchè è solo con la magia che si può essere una logopedista. Ci sono attimi in cui ti attiveresti per creare fogli su fogli di materiale, giochi, pagine plastificate, documenti a disposizione di chiunque ne necessiti e mille altre cose. Poi succedono i tempi stretti, la stanchezza, le tristezze, la sfortuna, la vita.

Ho letto di qualcuno che diceva che se hai passione per qualcosa, il tempo lo trovi.
Non è cosí. Alle volte il tempo non c'è. Ma non c'è proprio, non per finta.
8-19 tutti i giorni non lascia scampo. Il tempo te lo devi conquistare a forza di battaglie e denti stretti, lacrime che vengono trattenute negli occhi e rivoluzioni.
E le persone in difficoltà sono a volte - per fortuna non sempre - candelotti di dinamite da maneggiare con cura, che se scoppiassero incidentalmente distruggerebbero loro stessi e anche te.

Poi ci sono le soddisfazioni, chiaro; sono grandi e belle, e risplendono come una carezza il giorno di Natale. Ma non ne parlerò adesso, no. 
Ne ho già parlato troppe volte e mi sembra di dare sempre poco spazio, invece, alle fatiche. Non è tutto bello, non è tutto buono.

Sei anni fa nevicava, al mattino. Sono partita in macchina con delle scarpe troppo alte e ho aspettato tesa, in piedi, fino alle quattro del pomeriggio. Per le due settimane successive non ho avuto sensibilità alle dita dei piedi. Forse era un anticipo di ciò che mi sarebbe successo dopo, ma io lo colgo solo ora, e sto sorridendo.
La neve era per me, io lo so. Era qualcuno che mi voleva stare vicino nonostante non fosse più fisicamente con me.
Le scarpe, d'altro canto, me le ero scelte io; anche questo fa un po' ridere.

E quindi sono passati sei anni. 
Le cose non si sono fatte più semplici, perciò quello che sto scrivendo è una virtuale pacca sulla spalla per dirmi che il percorso è appena cominciato. 
Che di lottare non smetterò mai. 
Che di cose da imparare ce ne sono milioni, forse miliardi. 
Che devo rispettarmi di più, perchè anche il Titanic è affondato, una volta impattato l'iceberg. 

Per dirmi che la bicicletta l'ho voluta io, alla fine.
E mo'...eh. E mo' pedala, cretina.

A me il formaggio piace.

30 aprile 2016

Pillole di logo (33)

Da quando ha iniziato il suo percorso terapeutico gli obiettivi logopedici raggiunti sono stati pochi. Tuttavia, quelli personali, comportamentali, umani - mi dico - sono stati immensi.
Non lo vedo sorridere come fa ultimamente da mai. E se il mio contributo rispetto a questo progresso si situasse attorno allo 0,001% penso che sarebbe comunque un qualcosa di cui potermi ritenere soddisfatta.

Resta il fatto che lui è un bambino capace di distrarsi in una stanza vuota e bianca, magari osservando il pulviscolo atmosferico raggiunto da un fugace raggio di sole. Che, peraltro, in questa giornata che sa di autunno non c'è manco per sbaglio.
Stiamo lavorando su lettura e comprensione di frasi brevi brevi. Ma molto brevi, se non si fosse inteso. In pratica lui deve leggere e, una volta compreso il concetto, lo deve rappresentare con un disegno. 
Lui diventerà un fumettista da grande. Io lo penso davvero.

Arranca sulle parole che gli ho scritto in stampato maiuscolo.
- "CI..no..CHI E DO..SSSS CUUU SA..A..LA..MAMMA!" - dice.
- Bravo! "Chiedo scusa alla mamma". Dai, prova a disegnare nel rettangolo sotto -.
Vedo che si ferma a pensare, e forse si perde nel suo rimuginare infinito.
- Allora!! Oggi ci stiamo perdendo in un bicchiere d'acquaaaa! - gli dico scuotendo la mia bottiglietta di plastica vicino all'orecchio. Lui si mette a ridere, poi prende la matita e si mette a tracciare il disegno.

Inizio a compilare la cartella di oggi e poi rialzo gli occhi. Quando lo faccio, sbuffo con disappunto.
- Ma dovevi disegnare "Chiedo scusa alla mamma"! Cosa sarebbe questo bambino con la testa pasticciata? Se stai disegnando non ti devi distrarre e fare gli scarabocchi..era un bel disegno, giusto! Mi spieghi? - dico con durezza, mentre afferro la gomma.
Lui osserva il foglio mogio mogio.
- E va bene, scusami. Era un bimbo che voleva prendere i biscotti in alto, ma ha fatto cadere la scatola e gli è finita in testa e è tutto sporco, vedi? E allora vuole chiedere scusa alla mamma perchè non si fa..non si fa vedi? E va bene, e va bene scusa..dammi la gomma -.
E sono io ora che mi sento sporca. Non in testa ma dentro. Dentro. 
E mi viene voglia di piangere.

- No, sai? È una storia meravigliosa, quella che hai inventato. È bellissima e giusta. Non c'è mica bisogno della gomma, stai facendo bene. Continua, per piacere - dico a bassa voce, piena di vergogna. Aggiunge una mamma a braccia conserte e continua come se non gli avessi fatto nessun torto, perchè i bambini sono così. Puri.
O forse perchè sanno che gli adulti sono stupidi.
- È così perchè è arrabbiata - mi dice drammatizzando la scena, tutto divertito.

Bene, penso. È proprio successo, e io non me ne sono accorta.
Devo essere diventata grande, tutto d'un colpo.

È tanto triste.


24 ottobre 2015

Fragile. Davvero.

Ci sono volte in cui mi sento fragile. 
Volte in cui sento che il tocco di un solo dito potrebbe farmi esplodere, un alito di vento spazzarmi via, una parola uccidermi.
Ci sono momenti in cui mi nascondo per proteggermi, perchè niente e nessuno possa scalfirmi. Capita che io abbia paura.

E poi ci sei tu. Fragile, ma fragile davvero.
Che davvero un tocco di dito potrebbe ferirti. Che hai le ossa fatte di gomma. Che se qualcuno ti prendesse in braccio senza cautela, piccino come sei, ti potrebbe spaccare.
Sì, ci sei tu. Piccolo piccolo Pluto. Il Pluto.

Ci sei tu e ti vedo vivere con una forza che io me la sogno proprio.
Con una voglia e una foga da fare invidia ad un tornado.
Con un sorriso contagioso e la mente brillante di chi nuota nella merda ma lo fa con stile, cazzo. Quasi dicessi: "Beh, invidiatemi".
Ci sei tu che combatti sul serio e lo fai senza mostrarlo troppo, che il tempo di ridere resta sempre, mentre le punture nel braccio mica fanno male davvero.
E adesso che parli, che abbiamo imparato insieme a forza di capocciate al muro, adesso che non taci nemmeno col fazzoletto in bocca, adesso ti vorrei dire: sopravvivi. Vivi. Continua a farlo, perchè se continuerai sul serio, so già che diventerai un grande uomo. Uno di quelli da seguire perchè dicono e fanno cose giuste. 

Uno di quelli che fanno capire che essere fragili è solo uno stato d'animo; che l'uomo sopravvive anche senza aria. 
Senza speranza, e con la percentuale minima di probabilità.
Si può sopravvivere.
Si può.

23 luglio 2014

PER VOI.

Mi chiedo chi mai abbia inventato questa cosa dei regali, che non la capisco proprio fino in fondo. È un po' quel: "Complimentoni, sei rimasta viva un altro anno e in discrete condizioni, quindi ti meriti un premio". Va beh. Leviamoci il costume da sociofobiche e arriviamo al dunque. Volevo fare qualcosa di diverso, tipo scrivere delle cose belle che evidenzino quelli che per me sono i veri regali di tutti i giorni, non del 24 luglio.

Per me "regalo" è:

- la mia famiglia, sempre. Per prima. Fregancazzo del resto.
- fare un lavoro che amo e che odio, ma soprattutto amo;
- il saluto alle 5,30 che arriva mentre dormo ma al quale rispondo non appena riesco, carico di quei significati che hanno solo le cose belle e spontanee;
- aver imparato a scoprire cosa c'è dietro una facciata costruita a forza di strada percorsa, lacrime, orgoglio, "fa niente" e respiri lenti per non scoppiare, che a un muro è più facile pisciarci contro che restare a guardarne i graffiti;
- le lacrime in quegli occhioni neri neri di chi si mette nei tuoi panni e non immagina quanto prezioso diventi quell'istante, che condividere le difficoltà, parlare, parlare, parlare è il modo migliore per riuscire a trovare una soluzione;
- la memoria precisa di chi si ricorda di te, ha timore di perderti, non vuole che sia così, e te lo dice sempre a chiare lettere, senza sbavature di rimmel ma al massimo di cuore;
- la semplicità di chi guarda il cielo con gli occhi ben aperti, anche dietro a occhiali a specchio, e il naso che si muove quando la bocca dice "o";
- la voglia di condivisione di chi non si sente mai abbastanza ma si mette in gioco sempre, e ha occhi speciali per trovare negli angoli più improbabili immagini da immortalare come cartoline di piccola felicità;
- la voglia di fare progetti, di pensare al futuro, di vivere senza bisogno di ascoltare tutto ciò che viene detto, perchè una crosta bruciata da addentare aspetta sempre dietro l'angolo;
- la bellezza enorme, dirompente, violenta di chi ti mette in braccio il proprio cucciolo e si fida di te, delle tue braccia, della tua cautela, e ti lascia addosso solo vita nuova e speranza;
- i messaggi di chi non è mai lontano nonostante lo sia e la cui distanza non ha mai reso possibile l'incomprensione;
- la neve che è nonna e dono dal cielo;
- il caffè condiviso della macchinetta il mattino alle 7.36 circa;
- la delusione che ormai si tramuta in constatazione, perchè distanze inesistenti diventano voragini se non rifocillate di rocce e terra fresca per permettere il passaggio;
- le buone idee da scrivere, che se non ci arriva la realtà, la fantasia dà una mano grande;
- la voce per cantare, che a volte i silenzi si devono riempire con un po' di note, e non sempre le batterie dell'mp3 reggono;
- rendersi conto che son tanti regali, e sentirsi fortunate.

Si diventa grandi, perdincibacco.




10 marzo 2014

True story.

-          Fino alle medie ce la facevo, ora non più -.
-          Dai, allora facciamo i test e mettiamo un punto a questa situazione. Direi che è andata avanti per troppo tempo, no? -.
Mi guardano tutte con un sorriso tirato, quando dico così. Le sottopongo alle prove di routine, e queste ragazze di 14/15/16 anni si dimostrano disturbi dell’apprendimento della madonna. Spesso compensati, dato che con la loro intelligenza hanno trovato delle strategie per fare meno fatica.

Resta il fatto che non hanno mai imparato a scrivere acqua col cq. O ad usare apostrofi. O a capire in cosa sarebbero diverse “a” ed “e”, “d” o “b” nel momento della lettura. O a trovare rapidamente la risposta ad una domanda di comprensione del testo. O a studiare in meno di 5 ore a pomeriggio per arrivare ad un 7 stiracchiato (quando va bene). O a memorizzare le tabelline.
E, nel frattempo, hanno avuto a che fare con ciclo mestruale, primi ragazzi, brufoli, peli sulle gambe, litigi con la mamma, esclusione dal gruppo dei pari. Magari anche malattie, bocciature, traslochi, divorzio dei genitori, morte dei nonni.

No, dico: si capisce, cazzo?

Le guardo e, ve lo giuro: sono ragazze bellissime. Occhi bassi, mani rosse a furia di torcersele, qualche chiazza sul collo di origine emotiva. Di solito hanno capelli lisci e lunghi.
Poi penso a tutte le volte che mi sento figa perché affermo di essere una che nella vita lotta ogni giorno.
E allora mi dico: ‘fanculo.


‘Fanculo, Martì: tu della vita non hai capito un cazzo.


31 gennaio 2014

Settimana ketchup.

Rapido elenco (amo gli elenchi) delle cose che mi fanno reagire male:

- "Per qualsiasi cosa, richiestina scritta: firma vostra, sigla mia...e siamo a posto". NO, tu non sei a posto.
- "Sarebbe diverso, ora lo so". La diversità sta nel tirare il pugno al tavolo il giovedì e trovare il livido il venerdì pomeriggio, anzichè pigliare a testate il muro e farsi sanguinare il naso subito?
- "Ah, tu sei nella tua settimana ketchup". Chiamala ancora così, e ti faccio assaggiare l'assorbente (Fig. A).
- "Va bene dopo le 18?". Certo. Se vuoi venire anche al turno di notte, tipo dalle 23 alle 23.45, forse ho ancora un posto libero per fare logopedia. Anzi, tagliamo la testa al toro: domenica mattina alle 6.30. Enonseneparlappiù.
- "Ci sentiamo domani", e poi spariscono (x2). Il periodo Asilo l'ho finito da un pezzo, perciò il "Gneggnè non ti parliamo più", cede abbondantemente spazio al "Siamo due inutili idioti arrivati alla maggiore età per oscure ragioni tuttora da scoprire".
- Iperosmia. Quando ho il ciclo soffro di iperosmia. Quindi lavati, zio bono, che fai cagare.
Fig. A)
- Se deve nevicare, che nevichi. Cazzo vogliono dire tre batuffoli in croce e poi il diluvio universale??! Fuck.
- Passi davanti e chiudi il mobiletto; mi sposto e lo riapro. Ripassi e richiudi un'anta del mobiletto. Stacco il post it e ripassi per andare al cesso e chiudi il mobiletto. Capirai che se lascio le cose a metà non è per difetto, ma per virtù: son talmente brava che non ti spacco la faccia.
- "Non ho potuto farlo". Non si può far del male alla gente, non si può chiudere un rapporto, non si può tenere il muso a qualcuno. Leggere un cazzo di elenco di trenta parole si può fare. Anche mentre stai pisciando, brutta vacca infingarda.
- "Ti darebbe fastidio se..?" "No", "Ma sei proprio sicura? Non vorrei.." "No, fai pure", "Ma sei sicura sicura sicura??". Ok, mi dà fastidio.
- "Non hai risposto". Hai ragione, eri la quinta persona oggi con problemoni esistenziali.
- "Ci amiamo e sarà così per sempre". A-ha. Ma tu non avevi detto che saresti morto presto?
- "Chi taglia il legno dei boschi?" "Il Boschirolo". Dai, almeno non è il Boschettiere come la scorsa volta. D'Artagnan ringrazia starnutendo (Fig.B).
Fig. B) Lancia la frecia/ammazza la vecia

17 gennaio 2014

Quanti cinesi servono per..

Ok, cerco di spiegarmi [che il post precedente è stato 'no sfacelo perché ero in ansia].
In pratica: stamattina avevo questo concorso. I pro erano: il lavoro è a tempo indeterminato, il lavoro è nella mia città, sarebbe un bel cambiamento, mamma e papà sarebbero contenti, potresti prenderti una bella casetta nella BP (Bassa Padana) e non ti daresti della rincoglionita per non averci provato (che non sia mai restare sulla strada semplice senza complicarsi la vita [!!!], è da deboli).
I contro erano semplicemente: ehi, non voglio vincere questo concorso.

1: Sono contenta di averlo fatto.
2: Sono contenta di non aver passato la prova preselettiva.
3: Sono contenta di non aver avuto una decisione da prendere perché, per una volta, la scelta si è presa da sola.
30 minuti per 30 domande. Il must di passarne 21. Io ho fatto 17.
Ha portato bene il venerdì 17, si vede. O il non studio. O il fatto che fosse impossibile e che siano passati solo 4 candidati.

Beh. Fattostà che apri il foglio e ti trovi scritte domande del tipo (sono esempi, se non si capisse):
- Quanti cinesi servono per avvitare una lampadina? (sì, all'inizio ridi)
- Se possedessi un cubo cavo di rame della grandezza di 30 cm di lato, quante viti potresti rovesciare al suo interno senza farne traboccare nemmeno una sul tavolo (essendo il tavolo costruito in legno di noce e dipinto a mano con un barattolo di vernice verde acqua n°38)?
- Quanti peli del naso possedeva in media Napoleone? (che inizi subito la conta AMBARABACCICCICCOCCO').
- Di che colore è la fragola? (che inizi a pensare: rosso è troppo semplice, se magari intendessero acerba? O se per fragola alludessero ad altro? Che poi: se sono daltonica? Cioè il daltonismo è maschile, ma se io fossi l'unico esemplare esistente al mondo in cui la patologia....'fanculo. Rosa confetto, risposta definitiva, l'accendiamo.)

Sì, non so se mi spiego.
Beh, in ogni caso non mi sono sentita male per il fallimento, quanto in realtà bene, perché ho scoperto di avere attorno delle persone che ci tengono al fatto che io sia lì con loro ogni giorno.
Persone che sanno incoraggiarmi il mattino ma che sono soprattutto contente di sapere che sarò ancora in mezzo ai loro piedi, almeno per ora. 
E è tipo una roba che fa sentire bene. Incoerentemente bene.
[Quando la mia incoerenza lavora così, mi rendo conto di saperla proprio apprezzare, zio pera.]

Tutto questo per dire che - per una cazzo di volta - sono contenta di non avercela fatta e di non essere stata all'altezza. Il lupo dell' "in bocca al" mi ha mangiata. Ma gli resterò sullo stomaco; cazzo se ci resterò.
E boh. Questa giornata fa proprio weekend. Domani lavoro ma fa niente. 

Mi piace, il mio lavoro.
Mi piacciono, le MIE persone.

"..but my legs are fine/after all they are mine"

20 settembre 2013

Learnings #2

Mi sono rotta il cazzo di:
- Piangere per ogni minima puttanata (chiedo venia per la volgarità, anzi no);
- Non avere un minuto di tempo per fare cose utili (tipo respirare);
- Quelle persone che "Scusa, posso disturbarti un secondo..?" (.....NOOOOOOO!);
- Sentire cose che non mi interessano sull'organizzazione degli altri e di riflesso chiedermi se ho infilato le mutande dritte o al contrario (i teschietti dovevano essere davanti - sì, ho ANCHE mutande con i teschietti, perché? -);
- Weekend che non sono weekend;
- Sentire le lamentele degli altri (della serie "faccio cose anche io ma non te lo sbatto in faccia, come la mettiamo??");
- Bambini che mi rubano il naso (voi ridete e io no, quindi fermate quest'inutile teatrino, che tanto il naso non mi si stacca);
- Bambini col moccio al naso (chiederò a vostra madre il risarcimento per il mucolitico);
- Dubbi riguardanti persone che io tendo a ritenere speciali (wooh, questa è da parafrasi);
- Aver voglia di qualcosa, e non poterlo fare;
- Dopo il due viene il tre e il quattro vien da sè (chi cazzo lo dice?);
- Metafore (ahhhà, sì);
- Capire quando vorrei ignorare;
- Ahahahahaha (è isterico);
- "..la mia vita fa schifo, deve cambiare qualcosa, lo sai che è così, è difficile, bla bla" (ma cambia cervello, che tutti si rialzano in piedi e vanno avanti a camminare, anche dopo che sono stati masticati e risputati sul cacchio di marciapiedi al freddo, nel momento in cui passava il pulistrada o come diamine si chiama).



Il succo di ciò che ho imparato è che le parentesi sono importanti.
Urrrrrca, se lo sono.

PS: qui il ripasso della lesson number one.

15 settembre 2013

L'Enrica

No. Nel senso che è stata tipo una giornata campale.
Intanto un freddo porco. Un po' di mal di pancia da ciclo. Cattivo umore dopo un sogno assurdo. Svegliarsi alle 7 invece di quando ti pare per via di un convegno. Il diluvio. Crema di domenica, che viene dopo il lavoro del sabato e appena prima della nuova settimana lavorativa.
Insomma non è che fossi felicissima di 'sta giornata. Mi giravano i coglioni, si può dire.

Ma mica son mancate le belle cose.
Risate (di vario genere, ma tutte tutte belle). Bambini che per una volta son bambini e non pazienti.
Patatine fritte che - diobò - sarà stato il classico buco nero cosmico da ciclo, ma erano proprio buone.
La conferma che quella persona stramba ci sa proprio fare, quando si tratta del suo lavoro.
La conferma (bis) che ho delle colleghe meravigliose.
La soddisfazione di poter stare vicino a un essere con la faccia da clown senza scappare a gambe levate (certo, non è che lo guardassi bene in faccia, per carità).
Ma la cosa più bella è stata l'Enrica.

Non conoscevo l'Enrica, prima di oggi.
Si avvicinano quatti quatti durante la nostra pausa di meritato caffè del convegno (lei e i suoi occhialetti dalla montatura tonda e spessa). Ci dice:
- Scusate! Io cerco lavoro, posso lasciarvi i miei dati? Ho solo un brutto foglio, non ne avete uno più bello? Ho lasciato anche i dati al bar, se per caso vi servissero chiedete a loro che hanno i miei dati e ve li daranno senza problema. Senza problema. Sono l'Enrica. Mi chiamo Enrica -. Guarda un po' il cielo, un po' il muro, spaesata.

E penso: Sai, Enrica? Crederanno tutti che a te manchi qualche rotella, e invece per me sei proprio una grande. Perché così bisogna fare: provare sempre, sempre e comunque, nonostante tutto quello che la gente potrebbe pensare di te. E' così che si fa ed è così che si ottengono riscontri.
Io, il tuo coraggio mica ce l'avrei, mi sa. 
E quindi brava, Enrica, che oggi qualche cosa di importante me l'avete insegnato anche voi, tu e i tuoi occhialetti dalla montatura tonda e spessa.
Altro che convegno.

20 agosto 2013

Stoc...

19 agosto, 21.15
Rientrata da circa mezz'ora nel mio alloggio in solitaria a Crema.
Ferie finite, domani si torna a lavorare.
È appena iniziato uno di quei temporali con lampi, tuoni, acqua, venticello.
Stato umorale: FIGATA ASSURDA.
Per ora il mio ruolo da asociale incallita sta andando alla grande.
Vedremo domani a fine giornata come andrà.

Domani (cioè oggi, cioè ora) a fine giornata
Oggi solo 7 pazientini. Mooolti meno del solito; sintetizzabili con:
-          No xy, se non parli, Po (sì, quello dei Teletubbies) non te lo do! *mescolino* Nonnonnò! Se non mi dici “prendo Po”, allora lui resta nella scatola a fare la nanna! *faccio il verso zzzz-ffffiuuu-zzzz-fffiuuu*
-          Che hai fatto xy in queste due settimane? NIENTE. *okkei..*
-          xy, mi stai guardando? Ma cerrrrrto Marrrrrtinona! *sputacchia sul foglio e sulla mano, guardando palesemente i disegni sul muro* xy, ti ho detto: guardami, non vedo i tuoi occhi sui miei! Ti guarrrrrdo! *non guarda decisamente me*
-          Che begli occhiali nuovi xy! Sìsì sono come i tuoi ma i miei sono rosa e i tuoi verdi (…già. Identici insomma) Dove vanno i bimbi, xy? Al cimeva! Al cidela! Al cimema! Al civeda! *lo ammetto, dopo 20 volte ho rinunciato*
-          Ciao xy! Salve papà! Come sta la mamma? Bene…lievita, ma bene! (è in dolce attesa, devono piacerle i poeti, a quanto pare)
-          Ma ciao xy! Come sono andati gli esercizi con la S di serpente? (la mamma) Bene bene, falle sentire xy! SSSSCHIACCIANOCI! *mi dirà schiaccianoci tipo 15 volte fino alla fine della seduta*
-          Ciao Xy! Hai fatto gli esercizi in questi 15 giorni? NO *fucile a canne mozze, per cortesia*.

Un ottimo rientro!!!! E io sono di ottimo umore (sono seria!!!!).
Continuo a pensare che fare la logopedista sia la cosa più bella del mondo.



PS: dopo il lavoro, io e Anna ci premiamo da Waffle & Co, discutendo di lunghezze di piedi maschili (…..ho detto piedi!) e traducendo la parola “tozzo” in inglese (stocky…really stoc...stocky).

Il premio è questo. Cioè, dai. Ho detto tutto.

2 agosto 2013

Mica tutti c'han dentro ACCA-GI

Sono appena entrata nell'ottica "sono iniziate le ferie". O forse non ancora,a dire il vero.
La realtà è che sono contenta di avere due intere settimane lontane da esserini al di sotto del metro e quaranta.
Ho in testa una lista infinita di cose che dovrei fare in questi quindici giorni e so (già ora) che non ne farò nemmeno mezza. Perché? Perché le ferie sono qualcosa con un inizio e soprattutto con una fine, il mezzo è indefinito.

Indefinito come certi sguardi. Come essere trattate di merda, rimanerci di merda e trattare conseguentemente di merda la persona che ti ha trattata di merda facendola restare di merda. 
Come certe telefonate che si fanno non perché si abbia qualcosa da dire. Come le promesse che odi sentire perché sai che non verranno mantenute, ma le ascolti. Perché sei lì.
Come inviti a cena da persone assolutamente improbabili, per esempio. Caramelle ripiene che compri perché non ci sono le toffee alla frutta e poi ti penti perché mica sono buone uguali. 
E l'elenco potrebbe andare avanti. Ma mi fermo.

Come mi sento ora? Chissenefrega? Io di certo no.

Vorrei avere la capacità di riuscire bene nelle foto. Tipo le tizie che assumono qualsiasi posa e sembrano uscite da uno spot di shampoo per capelli. Pulite dentro, strafighe fuori. Pure se stanno sul water a fare le loro cose.
Dico questa cosa delle foto non perché io sia maniaca eh. Però l'estete è periodo di foto, no? E io mi trovo venuta decentemente solo con sto burqa verde (che in realtà mi piace solo perché mi piace il verde...ma va beh). 

Che pazienza. 

Poi c'è la storia del mercurio (Hg). Quel solito pezzettino di mercurio che mi ritrovo dentro da quando son diventata perito chimico (che ancora manco la logopedia era stata presa in considerazione), che sballonzola e mi fa pericolosamente sbandare a destra e sinistra. Meraviglioso da vedere ma pesante da portarsi appresso tutto il tempo. Che pare essere pure meteoropatico (più che altro subirà gli effetti della temperatura, diciamocelo). 'Sta storia me la serbavo per me, poi quando l'ho confidata a qualcuno, quel qualcuno è andato a riferire del mio pezzo di Hg a un'estranea per fare colpo. Perciò (oltre ad aver escluso l'essere in questione dalla mia vita), ora posso raccontare del mio mercurio a chiunque. Non è più un segreto.

Alla fine fa figo. Che uno ti chiede: "Ma tu dentro di te...cosa senti?". 
E gli rispondi "Mercurio. Mercurio che sballonzola". 
Fa figo, dai. Tipo Iron Man col palladio. 
Mica tutti c'han dentro il mercurio.
Tsè.