22 dicembre 2015

Luci e luci.

Ho scoperto che ci sono luci e luci, che uno ci creda o no.
Ci sono le luci delle macchine, che quando c'è nebbia è meglio starci attenti, soprattutto quando si attraversa lo stradone.
Ci sono le luci del posto di lavoro, che se dal corridoio alla mattina presto le si vede accese si sa che ci sarà il primo caffè condiviso, a scaldare dentro.
Ci sono le luci di Natale, che chi le critica o non le sopporta deve essere proprio cresciuto, e non si sa se sia un bene.
Ci sono le luci che si riflettono lontane sull'acqua del mare, che ci si sente in vacanza e si è felici.
Ci sono le luci che si accendono sullo schermo e si risponde col sorriso che si allarga, sentendo vicino chi è lontano.
Ci sono le luci negli occhi dei bambini, e quelle sono speciali perchè tolgono anni e polvere dal cuore e donano speranza e voglia di cambiare.
Ci sono le prime luci del mattino, ne parlano in tanti, e a volte servono per prendere decisioni sulle quali si stava ruminando da tempo senza uscita.
Ci sono le luci dei sogni che si avverano, quelle che partono da un palco e raggiungono le orecchie, e le mani che stringono i fianchi sono calde e conosciute e tutto sa di vento.

Ma poi, alla fine, ci sono anche altre Luci.
Sono quelle che ciascuno si sceglie e che illuminano la vita, quelle che non si spengono mai ma brillano per sempre. E suonano, sì. Suonano una musica dolce e forte e tiepida e accogliente e nutriente. Sono Luci che parlano quando le parole degli altri non danno alcun conforto. Sono Luci che guidano e compiono magie. 
La magia più bella, per esempio, è la felicità. 
E mica serve altro.

Buon Natale.

26 novembre 2015

Inverno.

Amore è un paio di guanti appoggiati accanto alla tua borsa durante la prima settimana di vero freddo, quando nel trolley non hai portato sciarponi o scaldacollo e non avevi ascoltato la mamma che ti aveva consigliato di portare il cappottone pesante.

Amore è trovarseli lì e dire: "Ma son per me?", e sentirsi rispondere "Certo", come sia la cosa più normale del mondo, mentre tu pensi che fino allo scorso inverno, a te stessa ci pensavi solo tu.

Amore è un paio di guanti pelosi, perchè se anche il detto lo dice, mica è vero che mani fredde vogliono dire cuore caldo. Mica è vero, no.



15 novembre 2015

Sembra di metallo.

Risuonano.


Chiedo scusa per la faccia.
D'altro canto è la mia, che mi aspettavo?

1 novembre 2015

Uomini e donne.

Gli uomini sono imbecilli. 
Cioè non lo dico io perché sono io: è il risultato di studi scientifici di alto livello. Io seguito ad essere una delle promotrici ufficiali, tutto qui. Uno dei principali soggetti di cui la scienza si avvale per sperimentare sul campo questa teoria. 
Lo faccio a titolo gratuito, voglio precisarlo. Per la gloria e la sete di conoscenza, che spesso è cosa amara.

Nello specifico, si parla di cellulari.
Quegli oggetti sottili per lo più di forma rettangolare che oggigiorno gli esseri umani utilizzano per tenersi in contatto con gli altri, che siano famigliari, amici, sconosciuti, colleghi, o povere innamorate a chilometri di distanza che si chiedono cosa stia facendo l'amato in quel momento.
Ecco. Lo scarso possedimento di testa dell'essere umano maschio lo porterà ad essere spesso in ritardo e a dimenticare l'oggetto sopracitato nel salotto della propria abitazione, alla mercè di gatti, tempo che scorre e acari della polvere. Un magro destino.

Se non fosse che l'amata - conscia di essere l'unico essere vivente con cui l'uomo si tiene in contatto ogni giorno - inizia alle 8 del mattino a ruminare quelle assurde paranoie esistenziali del tipo: "ahah. Lo ha lasciato a casa di sicuro. Lo avrà lasciato a casa? La devo prendere con filosofia? E se non è stato bene in casa da solo? Avrebbe potuto avvisarmi col telefono di un collega, ma è un uomo, si sa, non ci arriva. E se è caduto per terra e il gatto sta leccando il suo cervello? Non tanto per lui, quanto per il gatto che morirebbe di fame, ecco...". L'amata manderà pochi messaggi, l'ultimo dei quali riporterà questo messaggio: "Spero che tu abbia solo lasciato il telefono a casa..".

E quando alle 17.50, insieme ad ulcera e mal di testa, arriverà la risposta "AHAHAHAHAHA...ma certo amore!!!", non resterà che chiedere una cosa:

 
E soprattutto: CAZZO RIDI????!!

A nulla serviranno le scuse: "Sai come sono fatto! Solo perché siamo nell'era dei cellulari, una volta le persone non si sentivano per giornate intere". Esatto, tesoro. Siamo nel futuro, si chiama progresso, fattene una ragione. "Ma se mi fossi fatto male ti avrebbero avvertito, no?". Cazzo dici? Non sono tua parente io. 
E alla fine della fiera, ragazzi miei, devono avere ragione loro.
Non te la danno vinta manco morti. E allora? Allora te lo dico io:

Ciaone.


24 ottobre 2015

Fragile. Davvero.

Ci sono volte in cui mi sento fragile. 
Volte in cui sento che il tocco di un solo dito potrebbe farmi esplodere, un alito di vento spazzarmi via, una parola uccidermi.
Ci sono momenti in cui mi nascondo per proteggermi, perchè niente e nessuno possa scalfirmi. Capita che io abbia paura.

E poi ci sei tu. Fragile, ma fragile davvero.
Che davvero un tocco di dito potrebbe ferirti. Che hai le ossa fatte di gomma. Che se qualcuno ti prendesse in braccio senza cautela, piccino come sei, ti potrebbe spaccare.
Sì, ci sei tu. Piccolo piccolo Pluto. Il Pluto.

Ci sei tu e ti vedo vivere con una forza che io me la sogno proprio.
Con una voglia e una foga da fare invidia ad un tornado.
Con un sorriso contagioso e la mente brillante di chi nuota nella merda ma lo fa con stile, cazzo. Quasi dicessi: "Beh, invidiatemi".
Ci sei tu che combatti sul serio e lo fai senza mostrarlo troppo, che il tempo di ridere resta sempre, mentre le punture nel braccio mica fanno male davvero.
E adesso che parli, che abbiamo imparato insieme a forza di capocciate al muro, adesso che non taci nemmeno col fazzoletto in bocca, adesso ti vorrei dire: sopravvivi. Vivi. Continua a farlo, perchè se continuerai sul serio, so già che diventerai un grande uomo. Uno di quelli da seguire perchè dicono e fanno cose giuste. 

Uno di quelli che fanno capire che essere fragili è solo uno stato d'animo; che l'uomo sopravvive anche senza aria. 
Senza speranza, e con la percentuale minima di probabilità.
Si può sopravvivere.
Si può.

17 ottobre 2015

Domande. Domande.

Come si comporta la gente normale?
Qual è l'atteggiamento giusto? 
Quali le parole, quale il modo di reagire, i pensieri da fare, da assecondare, da inibire?
Cosa si dice sul divano sovrapopolato, raggomitolati nella copertina, quando il calore di un corpicino peloso in più scalda e fa sentire bene?
Cosa si fa, io mica lo so, quando c'è quella sensazione di "quasi famiglia"?

Domande.
Domande.
Bello lui.
See u on December 💚

29 settembre 2015

Tipo, nel senso: tutto chiaro.

Come sempre, ritengo che alla fine la differenza la facciano l'arrendersi o il combattere.
Non la fa la fortuna, cosa che non sono tanto certa esista, non la fa il destino. No.
Il vero punto di svolta in una situazione di merda, è l'andare controcorrente e marciare contro quell'assurda tendenza a raggomitolarsi su se stessi davanti al dolore. Mollare la presa nei confronti dell'ennesima corazza e andare, fare, conoscere, provare, dire.

Me lo insegnano i bambini tutti i giorni: quelli che esitano sono infinitamente più problematici di chi ci prova, perchè il tentativo può andare a vuoto, ma la soddisfazione eventuale di avercela fatta è di gran lunga più potente e dirompente. Può trasformare una seduta da mediocre in una strepitosa, e un sorriso tirato in uno scoppio di gioia.
I bambini che ce la fanno sarebbero da aggiungere all'elenco delle Meraviglie del Mondo.
Incarnano in loro l'adrenalina accumulata durante atti di immensa fatica e la consapevolezza di aver fatto quel passo in più che cambia l'esistenza. Verso l'autonomia, verso il benessere, verso la Bellezza.

Dovremmo imparare da loro, noi "grandi". Lasciarci andare un po' di più; provare a condividerla, quell'idea che tanto ci spaventa. Darle credito, perché se esiste è perché è necessaria.
Non negare un'esigenza, ma tentare di parlarne. Comprendere che quando "è il momento", da quello non si scappa. Non avrebbe senso.

E, allora, dovremmo combattere. Non contro qualcosa, ma PER qualcosa.
Per noi stessi, prima di tutto (e quanto è poco casuale il fatto che usi il "noi"!!). Per le nostre idee. Per la nostra felicità, tipo.
Nel senso: per il futuro.


27 settembre 2015

Esperimenti vocali #1

Credo sia per via del fatto che sono anche questa.
Tipo che me lo devo.


La stagione del tuo amore
F. De Andrè

12 settembre 2015

Vinci o Pennetta? Io lo so.

Ecco, vedete. C'è questa cosa che penso, ultimamente.
Che quando una persona mi spinge a superare i miei limiti, mi tiene testa e fa sì che io metta in discussione le mie inutili paranoie esistenziali e la mia innata e controproducente sociofobia, allora vale la pena investirci tempo, energie, sogni.

Quando negli occhi di una persona vedo passione per quello che fa, lacrime ed emozioni e nessuna tendenza a nascondere tutto questo, allora vuol dire che in lei c'è Bellezza. Vuol dire che non occorre ergere palizzate o indossare scudi, o impilare mattoni, o corazzarsi di spine.

Quando le esperienze si colorano d'argento che brilla, quando poi diventano tante, tutte allineate e ricche nella memoria, quando diventano bei ricordi, allora il tutto assume la forma di un album. Uno di quelli spessi, con tante pagine che ancora non sono state sfogliate.

E allora stasera. Stasera che - lo so - la poltrona sarà piazzata davanti alla televisione, i pugni ogni tanto piantati nei braccioli e le imprecazioni sussurrate tra i denti. Stasera che - tanto sono entrambe italiane, che storia! - tutti si staranno facendo questa benedetta domanda: Vinci o Pennetta?
Beh, io lo so. È chiaro: Vinci. 
Vinci, tu. Tu. 
Sempre.

30 agosto 2015

Nomadi stanziali. Un post che non doveva stare qui ma starà qui perché qui posso dire ciò che voglio.

Cantano in piazza stasera. Un Vasco francamente evitabile, non essendo Brondi. Nomadi passabili. Qualche pezzo antico rispolverato, di Artisti Vari.
Poi ci sono io, dalla mia camera da letto che si affaccia sul campanile. Una volta le campane erano vere, adesso sono solo registrate. La mia casa sembra qualcosa di nuovo, che non vedo da tanto tempo.
Sono i Gang questi? Mica è possibile, ma mi pare di sentirli ovunque. Ma no, figuriamoci. Sarà un Finardi di qualche tipo.
Ad ogni modo. È solo a casa che riesco ad evacuare come si deve. L'argomento è delicato, lo so, ma è proprio così: altrove mi è difficile liberarmi da quello che ho dentro. Forse in molti sensi.

È quando i sogni inizi a sfiorarli con i polpastrelli, che ti si crea quella paura di perderli o vederli sfumare in una folata di vento. È quando il tuo castello di carte si dota di Supercolla Sigillante che ti domandi ("è un Dio che è morto, ai bordi delle strade..") quanta violenza ci vorrebbe ora per smantellarlo pezzo per pezzo.
Vaneggiamenti. Insensatezze, così usavo chiamarle.
Ci sono tante zanzare quest'anno. Le zanzare del Nilo, la malaria, l'ebola, il morbillo e la dissenteria. "Impressioni di settembre". Io so chi questa serata musicale farebbe andare in brodo di giuggiole. Settembre. Manca poco.

La chitarra ancora non ho imparato a suonarla. Per forza, volevo esercitarmi e poi ho mollato tutto per pucciare piedi e sederone nell'acqua salata di Roma. Roma, la Città Eterna. Una Fontana di Trevi coi lavori e comunque lacrime che scendevano. Ma non era questo il discorso.
La gente. Persone ovunque che parlano e lanciano rasoiate e io mi chiedo cosa succederà quando feriranno davvero a morte qualcuno. Chissà se la saliva che sputano farà da coagulante o se avranno imparato la fine arte della sutura, per quel giorno. Per ora sostano in club privati, disinteressandosi del mondo e di quello che c'è fuori - perchè quello dentro parrebbe essere più importante -. E chi dissente? Io no. Ma conosco il rispetto.

 E so che esiste anche il numero 21, di articolo della Costituzione. E so che la Comunicazione è il punto nevralgico del mio lavoro: no, della mia vita. So che ("..io voglio vivere, ma sulla pelle mia..") violenza significa anche tappare la bocca, strappare una pagina scritta e bruciarla nel magico mondo virtuale, cliccare e cancellare il prodotto di altri. Violenza è non ascoltare, violenza è ignorare. E Nessuno voglia mai che io lo faccia con chi amo, con chi aiuto, con lo sconosciuto che incontro per strada.

Perché allora avrò fallito.
Come logopedista.
Come donna.
Come essere umano.

16 agosto 2015

Nemmeno se.

Nemmeno se mi perdessi continuamente chiavi, portafoglio e telefono lasciandoli sul marciapiedi o sul tettuccio della macchina.

Nemmeno se Mannarino mi dicesse che a Carroponte mi ha notata nel mezzo della folla e ha riscritto la canzone cambiandola in "Me so' 'mbriacato de Martina".

Nemmeno se dovessi sbagliare sempre strada col navigatore e arrivassimo in ritardo a qualsiasi appuntamento, costretti ad andare avanti indietro sulla stessa via per dieci volte, col trattorino che ci prende per il culo.

Nemmeno se mi comprassi decine di mantelline per la pioggia rosa confetto.

Nemmeno se dovessi impiegare ore per svegliarti al mattino, sfiorandoti il braccio e tu che mi assicuri "sì, sì", col testolino per dirmi "sono sveglio". E invece non è vero.

Nemmeno se il passato dovesse continuare a ferirti e io a lottarci contro, provando a cancellarlo col nostro presente.

Nemmeno se tutte le volte si inaugurasse il viaggio morendo di incidente stradale*.

Nemmeno se continuassi a farmi notare "patatine" per le strade e fotografare gente casuale per poi modificare le immagini e mandarmene trenta per volta (sì, bella 'sta sciura che guarda il Colosseo, ma io e te dove siamo?).

Nemmeno se continuassi a ungermi di creme di ogni tipo e io facessi SWISSH ogni volta che mi abbracci e/o scivolassi sul pavimento sbattendo il sederone (perchè mettersi ettolitri di crema "fa bene").

Nemmeno se continuassi per l'eternità a portarmi in posti dove sono morte persone, a farmi sentire canzoni in cui si racconta la storia di persone morte, a chiedermi informazioni geografiche e storiche sapendo la mia innata riluttanza per l'argomento (Quito. La capitale dell'Ecuador è Quito).

Nemmeno se tutte queste cose si avverassero io ti mollerei. Ma manco morta.
Mettilo in conto, perchè è una minaccia, sì.


Ho imparato che più si pospone il momento in cui si vuole scrivere qualcosa, più significa che si ha paura di far uscire i concetti dalla propria testa.
Perchè perdere belle cose, o comunque farle sbiadire, fa tremare un po' dentro.

*
Per non far preoccupare nessuno (..ma chi?).

31 luglio 2015

A tutto.

Ottimismo, sì.
Sono ufficialmente in ferie, scrivo questo post con una nuova, fantastica tastiera bluetooth (grazie A.S.S.) e per 17 giorni nessuno mi romperà piu' le scatole.

C'è qualcos'altro. Vacanza.
Per la prima volta questa parola assume per me un significato concreto, io che da sempre sono abituata a pensare che le vacanze siano per la gente che sta bene, che ad andare via ce la fa, che non ha sacrifici da fare per arrivare alla fine del mese.
Non sono abituata ad andare in vacanza. Non ne ho mai avuto possibilità e motivazione; non mi è stato insegnato, ecco.

Quest'anno la motivazione è forte e importante, e voluta.
Quest'anno ho abbandonato le mie vesti usuali e ne ho indossate di nuove, colorate, strane. In molti sensi, davvero.
Ringrazio chi ha deciso di darmi questa possibilità. Ringrazio me stessa, per essere quella che sono. Ringrazio chi ho scelto e che mi sta accanto in ogni modo, e lo fa con pazienza e comprensione, quasi che il reciproco adattamento non sia compromesso ma immenso piacere. Ringrazio che tutto questo non mi sia fatto vivere come un peso ma come un'immensa fortuna.

Sono felice. Sorrido.
L'estate, per la prima volta, non è gabbia ma opportunità. Voglio coglierla a palmi aperti, godendone ogni secondo.
Un anno fa stava per cambiare il mio mondo, e io ancora non lo sapevo.
Non è tutto facile, non è tutto chiaro, ma io so che sarebbe bastato un nulla e tutto quello che sto vivendo sarebbe potuto non accadere.

Sono pronta a bruciarmi il naso prendendo il sole.
Ad innamorarmi di nuovi posti, nuove città, nuove facce.
A mettermi in gioco ancora e ancora e ancora.
A ricaricarmi, a rilassarmi, a ricominciare.
A fare discorsi seri e idioti, a viaggiare, a non guardare l'orologio.
Con te, sono pronta a tutto.



5 luglio 2015

Elenco di quindici #7

I maschi: inesauribili fonti di idiozie francamente evitabili. 
Diciamo che la lista si farà più breve, altrimenti questo post potrebbe diventare una rivisitazione della Divina Commedia. 10 punti.
Passiamo all'elenco.

1. L'utilizzo del navigatore, per i maschi, ha caratteristiche del tutto personali. Devi andare al Parco Secchia della frazione Villalunga di Casalgrande? Loro imposteranno Reggio Emilia, sul navigatore. Poi procederanno a spanne. Dopo tre strade sbagliate, la donna estrarrà il suo telefono e li condurrà a destinazione in due minuti.

2. L'esibizionismo. Agli uomini fa piacere avere delle cagnoline in calore che sbavano alle loro spalle. Viceversa, se un uomo discretamente tatuato adocchia la loro fidanzata, decidono di andarsene dal Parco Secchia di Villalunga (Casalgrande) - volevodireReggioEmilia, pardon - prima della fine del concerto. 

3. La capacità di procrastinare qualsiasi cosa è del tutto maschile. Potrebbero farsi scoppiare la vescica per via del fatto che "sì, devo fare pipì ma magari ci vado dopo".

4. Avere idee geniali. Ogni tanto ne hanno anche loro. Peccato che due minuti dopo averla partorita, cambino totalmente idea.

5. Minimizzare. Sono bravissimi. Bra vis si mi. Intendo quelle cose del tipo "Ah amore, il mio amico ci ha invitati a cena, vieni?". E, benchè lui conosca la tua innata sociofobia, arrivi sul posto e ti trovi una tavolata di venti persone. Che non si dica che non te l'aspettavi, furbacchiona.

6. L'organizzazione delle vacanze. Fosse per loro partirebbero con il fagotto; no, non lo strumento musicale, ma quello che si vedeva nei cartoni animati quando qualche personaggio doveva intraprendere un lungo viaggio. Un bastone, un fazzoletto adibito a sacco che contiene - in ordine di importanza -: lettore mp3, occhiali da sole, una bottiglia d'acqua e un sacchetto di caramelle. E a dormire: sotto i ponti!

7. L'ipocondria. Non è un modo di dire: davvero credono di poter morire per un taglietto.

8. Agli uomini piace ergersi a modello. Dovresti mangiare questo, dovresti correre di più, dovresti prendere il costume a due pezzi, dovresti provare a fare quell'altro. Se cedessimo, si troverebbero a convivere con esatte copie di loro stessi. È giunto il momento di far loro sapere che il nostro comportarci come pare a noi è in realtà un brutale sacrificio d'amore. Vi amiamo.

9. "Come stai? Dove vivi ora? Lavori ancora lì?". Gli ex uomini sanno ricomparire alla cazzo e inondarti di domande a cui non risponderai. Non si vergognano. Anzi, aggiungono pure: "Oh, non volevo riallacciare rapporti eh, inutile che non rispondi! Volevo solo sapere se era cambiato qualcosa!". Sì. Non ci sei più tu e io sto bene, cretino.

10. "Amore ti scoccia se suono dieci minuti? ". NO, QUESTO FACEVA PARTE DI UN ALTRO POST. E comunque suona, che mi piace. 

Tanti cari auguri di buone vacanze, Calimero.
ps: in realtà io il mio Calimero lo amo tanto. ♡

18 giugno 2015

A volte ci vedo.

A volte ci vedo.

A volte ci vedo mentre corriamo, sorpresi da uno di quei temporali estivi che ti infradiciano e ti fanno correre sotto un portone. Tu mi abbracci e sorridi con quel tuo sorriso grande che sembra sempre timido e mi dai un bacio.

A volte ci vedo in macchina, tu che guidi tamburellando sul volante a ritmo della musica e io che guardo fuori senza guardare davvero, per pensare che la vita è tanto bella, che va proprio vissuta così, come in quel momento.

A volte ci vedo affrontare cose difficili, abbracciarci e dirci che ci sono state situazioni ben peggiori e che siamo vivi entrambi, e ci siamo trovati lo stesso, anche intenti a scansare gli ostacoli lungo il tragitto.

A volte ci vedo con qualcosa di piccolo e prezioso tra le mani, io che penso che saresti tanto bravo a curarlo e io che mi perderei ad osservarlo e ad osservarti curarlo.

A volte ci vedo seduti sull'erba, un golfino e un po' di vento che ci fa stringere e tu che mi assicuri che andrà tutto bene, che non ci si deve preoccupare, che l'America è vicina, è come andare sulla luna in Fiat Uno, è come lavorare in Cina.

A volte ci vedo litigare (oh, sì!), tu che mi inondi con le tue parole ostinate e io che ti infilzo con il mio silenzio e le mie occhiatacce, le mie lacrime e il mio non saper parlare. Ci vedo far pace e abbracciarci, che non sono le promesse su carta da mantenere, non sono i titoli, non sono i sì, non sono gli anni. È l'amore, e solo l'amore vince, vince sempre.

A volte ci vedo, noi che il bisogno di giustizia (così diverso, così uguale), ci porterà a metterci nei guai e ci morsicheremo la lingua. Io la tua e tu la mia, per la precisione.

A volte ci vedo nel presente, a farci forza e a fare i giovani o i vecchi a seconda del momento, a pensare che ne vale la pena, che abbiamo un buon profumo insieme, che siamo grandi, siamo giusti e che dividere quel divano lo rende infinitamente più comodo. Alla faccia di chi non ci crede.

6 giugno 2015

Learnings #10

È il caldo, credo. Scusatemene, ma non so se riuscirò a rispondere di tutto ciò che sto per scrivere.
1. È bello ascoltare musica in tv alla mattina; passano canzoni migliori che in tutto il resto della giornata. È di sicuro perché sanno che li sto guardando io.
2. Se ti svegli alle 4 però non è considerabile "mattina", quindi non accendere la tv in cerca di buona musica.
3. Odio i matrimoni. Odio l'eventualità di incontrare le care amiche dei tempi andati. Se sono andate, come i tempi - per l'appunto - ci sarà un motivo.
4. Io devo scrivere. Se non scrivo, qualcosa si rompe e io sto male.
5. So esattamente che tasti premere; lasciamo tempo al tempo.
6. La voglia di coppa di gelato si può estinguere solo ordinando una coppa di gelato. Cosa che io ancora non ho fatto (MESSAGGIO SUBLIMINALE).
7. Hai capito che faccino da guru indiano?
8. Bramare l'aria condizionata è funzionale solo nel momento in cui si è sicuri che gli impianti di condizionamento siano periodicamente ripuliti da polvere e batteri. Altrimenti, nei primi due giorni, la puzza di morto non te la leva nessuno.
9. Mi piace lo smalto rosso sangue.
10. Odio le persone che dicono "prima tutti a lamentarsi del freddo, adesso arriva il caldo e tutti a rompere le palle per il caldo!". No, io voglio il freddo. Mai lamentata del gelo porco, anzi lo bramo. Neve, sciarponi, maglioni, pupazzi di neve. Voi, insulsi amanti dell'estate: farete una brutta fine, cuocendovi.
11. Bambini: andate in ferie. Mica vorrete fare logopedia con 'sto caldo. Dico io.
12. E se mi colorassi i capelli di rosso?
13. È inutile fare programmi da strafiga: capelli rossi, gonne, tatuaggi. E poi non fai mai un cazzo, Martì. E datte 'na calmata.
14. Sì. Ho una nuova pillola di logo da scrivere. Ma devo prima rielaborarmela dentro un po'. Che fa male.
15. Vorrei che le cose fossero diverse.
16. Vorrei essere diversa.
17. Ogni tanto nella mia pancia c'è un folletto che salta. Ho imparato a conviverci. Lo chiamo Ansietto. Di notte corre sulla ruota come un cricetino. Me lo immagino coi capelli blu, scompigliati da un vento fresco, e il volto olivastro con brillantini verdi. Deve avere quelle rughette tipiche dei folletti, e secondo me racconta storie divertenti alle mie budella. A ben pensarci è un'immagine raccapricciante. Ma amo queste cose.

Buona estate. Mh.

22 maggio 2015

Stelle.

La realtà è che si è tutti irrimediabilmente soli.
Sì, ci si racconta altro per abitudine, ma siamo soli.
Nei pensieri, nelle paure, alla mattina con le cuffie nelle orecchie, alla sera con le cuffie nelle orecchie, l'ombrello sulla testa e la pioggia che picchietta e cade ma non la senti per la musica e gli altri passanti non usano l'ombrello e tu ti dici: "Ma piove davvero? Piove davvero o lo penso solo io che mi sento una merda che avanza fiera e dritta alla sua meta?".

Siamo soli, dicevo.
E un'idea che fa capolino, cambiare vita, cambiare opinioni su qualcosa e poi dirsi "cazzo, non fa ridere, non dovevi prendermi alla lettera". E persone; persone che parlano con voci non loro, voci del passato che hanno uguali sfumature, uguale insensatezza, uguale blaterio, blateramento, blaterazione, blateratura, come si dirà? E le stesse frasi.
Volersi trasformare in una statua; una statua avrebbe ben ragione di non proferire parola alcuna, avrebbe una scusa, un motivo, e manco lo dovrebbe dire. Un bel blocco di marmo scolpito, cagato da piccioni e tortore e lavato dalla pioggia, osservato dai passanti e di sostegno a barboni e bambini.

Non dover pensare alle conseguenze, a stare nei tempi, a non urtare nessuno, alle cose importanti, a stilare liste, a stilare liste di liste, a levare la polvere nell'angolo, al vestire tiglio o rosa, al fare la doccia rapida così poi i capelli si asciugano in tempo, mangiando in linea perfetta per digerire e non star male come un cane.
Esser soli per propria natura, tipo.

Soli, che tanto nessuno capisce. Nessuno.
E domandarsi cose senza senso, per concludere pensieri pesanti.
Qualcosa del tipo: ma come si sentono le stelle?


5 maggio 2015

Elenco di quindici #6

Ebbene sì. Stai con un musicista se:

1. "Ti stufi, amore?"
E no, non importa se gli risponderai "no" quelle milleseicento volte. Lui te lo chiederà ancora.
2. "Suono l'ultima eh amore, poi basta".
Non è vero, mai.
3. "Ma che pezzo NON è questo?".
Beh, non è tanti pezzi. Non è "Il valzer del moscerino", "Volevo un gatto nero", "Il coccodrillo come fa", "Torero Camomillo"...ma non credo il senso fosse questo. Già.
4. "Amore, dai suona anche tu!".
Non fatelo. Non provateci. Ne va della vostra autostima.
5. "Quello lì in tv, lo vedi? Una volta ho suonato con lui!".
I musicisti si conoscono tutti, sappiatelo. Credo sia tipo i camionisti che si fanno i fari quando si vedono per strada. Appartenenza alla specie.
6. "Dai, aiutami e dimmi quale tono della tastiera è meglio per questo pezzo".
Non fatelo. Ci passerete un pomeriggio intero. E ora ho l'ansia perchè penso che sia sbagliato chiamarlo "tono". Una non può vivere così.
7. "Cosa vuoi sentire? Dai dimmi un cantante".
Ma no, non fatelo. Tanto farà di testa sua. Assicurato.
8. "Vieni anche tu a sentire le prove dai! Tutti si portano le loro donne!".
Uno: hai detto "le loro donne"? Due: no, non vengo. E voi non andateci. Fidateve.
9. "Dai, tu il biglietto non pagarlo, ti faccio passare io dietro".
Credetemi, è dura. Ma ce la si può fare ad aggirare questa cosa.
10. "Amore, ti stufi?".
Lo dicevo io che non avrebbe smesso di chiederlo.
11. "Suono dieci minuti, poi ci mettiamo sul divano, ok?".
Aveva detto due ore fa.
12. "Ti spiego la storia che racconta questa canzone..".
No, no, no. È sempre triste, giuro. Parla di tipi morti per un ideale morale, per la libertà, per la giustizia, bimbi innocenti che hanno perso la vita bruciati o fucilati. Non fatevele spiegare, le storie delle canzoni.
13. "Senti: questo è Einaudi/Allevi".
No. Fanno piangere. Non ascoltateli, fanno piangere. Bontà divina.
14. "Fai la pennata, schiaccia bene le corde, batti il tempo coi piedi, cantatela in testa, prevedi il prossimo accordo, e non guardare il plettro, che non è quello l'importante!".
Butta tre pugni di sale dietro le spalle, incrocia le dita, sussurra Abracadabra e il gioco è fatto.
15. "Ma no, il ritmo te lo devi sentire dentro!!".
Te lo dico io cosa sento dentro, tra poco. Fuck.


Sei bellissimo.

1 maggio 2015

Learnings #9

1. Se qualcosa è andato storto, ricominciare da capo e ritentare richiede un grosso quantitativo di coraggio.
2. Chi ricomincia e ritenta merita tutto il mio rispetto e la mia gratitudine.
3. "..e temo il mio passato, il tuo passato, ma tu no..".
4. La gente a volte pensa di poterti dire cosa devi fare, a te che manco ai tuoi pazienti dici cosa devono fare. Allora basta dire "ciao.".
5. Ho voglia di kebab.
6. Le persone tonte mi infastidiscono; vorrei indire una petizione per scuoterle tutte quante così che i comparti stagni e separati nel loro cervello, rompendosi, facessero finalmente miscelare tutti gli ingredienti interni.
7. Credo nell'arrivo al punto di rottura, nelle situazioni difficili; da lì ci sono due strade: o si ricuce qualcosa o i due lembi si strappano. In ogni caso le cose cambiano.
8. Le settimane corte mi piacciono.
9. Prossimo obiettivo: primo giugno (perchè bisogna sempre pensare avanti).
10. Le lacrime a volte escono perchè ci si rende conto di essere dentro qualcosa di grande e bello e giusto e buono.
11. Idiota vestito da orco: levati dal cazzo e non provare a fare agguati da dietro, o ti infilo la bacchetta di Harry Potter dove dico io.
12. Si sposano tutti, figliano tutti. Il problema è che inizio a capire il perchè.
13. Oh, l'ho detto. Tiè.



11 aprile 2015

Persone, non posti.

Restano le persone, non i posti.
Con questa convinzione si va avanti, e si impara a capire che la luce non è delle cose ma di chi le tocca e le abita, i suoni non sono vibrazioni ma voci, le persone non sono identità ma Vita, con la maiuscola. 
Che condividere un pezzo di strada (con-dividere) non è da fare con tutti perchè sarebbe sbagliato. È da fare con chi resta anche se se ne va, con chi lascia eredità anche scomode ma perchè ha fede in te, con chi guarda il cielo con limpidezza e ti insegna che non bisogna avere paura ma coraggio.

Che il futuro è qualcosa che non si sa.
Ma la strada in salita porta in alto, e in alto il paesaggio è qualcosa di semplicemente magnifico e pulito.
Sì, pulito.

2 aprile 2015

Tama 'n lumagot.

Forse quella persona, tempo fa, aveva ragione.
Aveva ragione a dire che io coi poco normali ci sto meglio che coi normali.
Qui si aprivano le diatribe sul "cosa è normale e cosa no", ma se uno fa poco il sofisticato, allora, va bene e si capisce.

Passa il tempo e io continuo a non sapere come comportarmi con i normali.
Continuo a non essere in grado di starci in mezzo senza sentirmi una lumaca. Sì, una lumaca. Che se mi toccano le antenne sparisco nel guscio che - per carità - sarà anche un bel guscio, ma è pur sempre poco comunicativo.

Ringrazio i masseteri, che sono ancora in grado di digrignarsi e serrarsi per non far spuntare fuori lacrime salate, concentro tutta la tensione nei denti, nei molari, e poi scoppio a piangere perchè non ce la faccio più a mordermi. E continuo fino a tardi, quando ormai il letto mica è più tiepido, e le mie braccia da camionista non mi stringono a sufficienza il torace.

Come una lumaca.
E non so più stare con me stessa. E ingoio discorsi che si dovrebbero fare.
E vorrei sembrare normale, in grado, competente, simpatica, carina, perfetta.
E pensare che invece so impostare una CI, so stringere una mano e comunicare una disabilità intellettiva, so far stare 10 persone in 9 stanze, so insegnare la tabellina del nove con le dita, so correggere test, so soffiare il naso a qualcuno senza smoccolarmi le mani, so piangere perchè la tristezza non è solo adulta e l'ingiustizia non è nel mondo, ma è appena fuori dal pianerottolo.

Non sono mai stata in giro per il mondo, approposito. Non ho assaggiato l'acqua di mare, non fumo, non bevo, non mi drogo. Non ho preso un aereo. Lascio le chiavi di casa nella toppa, quando esco al mattino. Perdo carta d'identità e codice fiscale, la testa l'ho ancora attaccata al collo, fortuna vuole.

Come una lumaca. Io sono una lumaca.
Senza bavetta, però.

Dai, è carina.

14 marzo 2015

Learnings #8

1. Iniziare un learning con delle spiegazioni a volte è eccessivo. Allora dico: ti amo.
2. Se il filo si sta sfilacciando a volte è inutile aggrapparsi con tutte le proprie forze all'ultimo lembo intatto.
3. Fregarsene non è mai stato tanto facile.
4. Le dita e i polpastrelli sono rapidi, mi manca il ritmo.
5. I pensieri nella testa e le decisioni sono rapide, mi manca il fiato per farle uscire dalla bocca.
6. Col cazzo, non è vero.
7. Non voglio rappresentare nessuno, se non me stessa.
8. Odio dottori e antibiotici, in quest'ordine.
9. Non è bello avere uno stetoscopio sulle tette per cinque minuti, anche se qualcuno ti assicura che il tuo cuore batte. Tranquilla.
10. Sono idonea anche dopo 4 anni: posso lavorare. Sticazzi.
11. Meno male non sono di nuovo nel 2013.
12. LA TRECCIA, PORCACCIA LURIDA! Com'è che l'ho scoperta solo ora?
13. "Hai quasi trent'anni!". Cazzo dici? Porco Giuda. È vero.
14. Cazzo c'entra Giuda?
15. Stai bene? Al venerdì sera alle 19.16 si sta sempre bene. Da Dio, oserei dire, vecchia arpia.
16. Io ho le ferie contate, devo chiederle con cortesia, sono un favore concessomi da uomini/donne di buon cuore. Ringrazio sentitamente.
17. Nessuno mi ha chiesto di mettermi tra due fuochi, se mi facevo i cazzi miei da subito campavo cent'anni di più e mi sarei risparmiata tanti litigi. Ringrazio sentitamente due volte, con la riverenza.
18. Fai la riverenza, fai la penitenza: guarda in su, guarda in giù, dai un bacio a chi vuoi tu. A Giuda, tanto per essere controcorrente.
19. Vedere un briciolo di sole non ti autorizza ad aprire tutte le finestre di casa e farmi gelare il sedere, madre.
20. I bambini hanno il moccolo al naso. Ma quello potente eh.

Be happy.

8 febbraio 2015

Ma mica sui social, cretino.

Condividere, mi hai insegnato a con-dividere. 

Condividere.
Mettere il contenuto del mio personale fagotto bello esposto sopra ad un tavolo e dire: "Ecco, da oggi è nostro".

Condividere.
Farti aggiungere i tuoi, di oggetti personali, anche quelli più pesanti o preziosi o fragili, e giurare di proteggerli e trasportarli con cura, facendo la conta come a scuola, che se nel pulmino entrano in ventidue, a gita finita devono uscire nello stesso numero, è tassativo.

Condividere.
Che se ho un pensiero non ho paura a dirlo, le speranze gli si accodano e i desideri impossibili si snocciolano tra le pieghe di un lenzuolo sempre azzurro o su un materasso infossato, perché è lì che è concesso sognare.

Condividere.
Ascoltare i progetti, il futuro, e veder spuntare qualche ruga in più attorno agli occhi che ridono, poiché spesso la bocca s'inzucchera di cose dolci e non ha tempo di farlo al loro posto.

Condividere.
E' anche paura. Del passato, dell'essere sempre diversa, dell'essere sempre uguale, dell'incoerenza, dei silenzi, delle parole, del tempo, dell'ingresso da una porta laterale in una stanza grande e piena di oggetti che son lì da anni. Muoversi con poca cura e causare rovinose cadute a cascata di tutta la merce esposta, che poi qualcuno il conto lo deve pagare.

Condividere: che sola è bello, ma in due è un po' più facile.
Condividere: me lo hai insegnato tu, che mi hai raccolto come un gatto 
e mi hai portato con te.

<3


27 gennaio 2015

Con due "ci".

È per via del fatto che quando una arriva al tetto, poi ha due alternative: o si butta giù o urla con quanto fiato ha in gola.
Non starà a guardare gli ipocriti che si fingono vittime essendo nel frattempo parte integrante - e pure subdola - del problema. Non baderà molto all'arrotondamento degli spigoli ma farà avvertire tutta la loro durezza. Non farà riferimento al fatto che le incombenze per essere tali necessiterebbero di approvazione da parte dell'individuo che le subisce, lungi lui dall'essere mulo da soma.

Non saranno questi i dettagli importanti.
Il fondamento starà invece nel disincanto, nella facilità con cui quest'una sul tetto ci sia arrivata, e non si sorprenda neppure di vedere metri e metri sotto di lei, senza nemmeno avvertire un poco di vertigine.
Il fondamento starà nell'amarezza, quella sensazione di affanno per non si sa più quale corsa, verso quale meta, con quali gambe, lo stomaco e lo spirito gonfi di cosa.
Ritratti gli artigli e abbassata la coda ad assenso, resterà soltanto una sagoma da riconoscere in fretta.
Un felino. Quello sul tetto sarà un felino, sì.

Una micia, con precisione. Una di quelle con due "ci".
Occorrerà badar bene ad avvicinarlesi con del fuoco, poichè lo scoppio sarebbe immediato e inevitabile.
Risparmiategliele, alla micia con due "ci", le scenate patetiche. I grandi, quelli veri, lo sono perchè si sentono piccoli, non perchè ergono palizzate di superiorità. Lo impara ogni giorno, entrando nell'auletta blu ed uscendovi con grandi saggi e trattati provenienti da esserini al di sotto del metro e cinquanta.
Non usate ironia, lei la padroneggia assai meglio, a tal punto da servirsene da scudo per sopravvivere negli anni, che ormai sono quattro. Non crediate che quelle siano crepe, son cicatrici.
Quelle da micia che combatte per non cedere alla paura, e mica del buio.

Che - sappiatelo - la micia, proprio lei, con occhi magici lo sa: il buio vero, quello dei mostri cattivi e delle streghe occhi di giada, non è quello della notte che spunta la luna e non si scorgono più ombre, no.

Il buio di cui aver paura è quello che viene da dentro, con rabbia e angoscia.
È il buio di cuore malato, vuoto, nero.
Solo.

3 gennaio 2015

Elenco di quindici #5

Il genio della lampada mi si è palesato. Sì, se ve lo steste chiedendo ("steste", ma che è??!), questo è il prodotto degli eccessi di zuccheri e trigliceridi festivi. Una totale follia visionaria.
Il grande omone blu, ad ogni modo, mi avrebbe chiesto di stilare un elenco dei 15 desideri che esprimerei se per caso le nostre strade si incrociassero nel roboante mondo reale (sempre se ve lo steste chiedendo, sì: il mio umore oggi si aggira all'incirca tre metri sotto terra, grazie per l'interesse).

1. Vorrei che i miei chili di troppo si trasformassero in chili di banconote, possibilmente da 500 €. Quanti sono dieci chili circa di banconote da 500 €? Me lo sapete dire?

2. Vorrei avere sempre una risposta da dare, non importa se giusta o sbagliata: l'importante sarebbe evitare il silenzio inutile.

3. Vorrei che la Signora Sfortuna (per gli amici "Sfiga" o "Jella") prevedesse a breve una dipartita verso altri lidi; non occorre nemmeno che mandi la cartolina, tanto non m'offendo.

4. Vorrei che le persone a cui tengo fossero sempre libere.

5. Vorrei che le persone buone avessero sempre il coraggio di affrontare i giganti cattivi e la prontezza di spirito per difendersene nella maniera più giusta.

6. Vorrei ricordarmi i miei sogni.

7. Vorrei saper nuotare e guidare.

8. Vorrei sentirmi adeguata nonostante tutto ciò che non riesco a fare e nonostante l'etichetta "2" sulla fronte.

9. Vorrei più meritocrazia e più punizione per chi non merita rispetto.

10. Vorrei più sincerità e meno facciate di convenienza.

11. Vorrei sentire dal solito qualcuno a caso: "Hai ragione, l'immagine profilo di Whatsapp si può modificare anche su un LG senza bisogno di fare il testone e imprecare in aramaico antico". *Smak*

12. Vorrei avere più spesso l'occasione di scordarmi del tempo che passa.

13. Vorrei avere più spesso l'occasione di sentirmi al posto giusto nel momento giusto.

14. Vorrei che chi amo avesse a disposizione altri 15 desideri tutti per sè.

15. Vorrei che chi amo fosse sereno.

Grazie Genio.


Fine.

1 gennaio 2015

Mica tutti han dentro.. #2

Mi ritrovo a pensare al mercurio (quello di cui avevo parlato qui secoli fa).
La mia zavorra, quella che si fa sentire ora più ora meno, quella sfera magica che è tale perchè è meraviglia liquida e metallica da osservare, ma il cui peso specifico è alto, ergo pesante da trasportare.

Il mio mercurio è vita, se ci rifletto. Bella, brutta, metà e metà; a volte la vita - appunto - scorre senza che tu te ne accorga, altre volte arranca come ruota dentata arrugginita in un meccanismo complesso. Ma fa parte di noi. Ci camminiamo, ci respiriamo, ci dormiamo insieme: la vita è qualcosa che non solo ci sta alle calcagna, ma impregna ogni nostra singola cellula. Ci colma.

In questo momento, ecco, il mio pezzo di mercurio - la mia vita - risulta frammentata in tante piccole unità, sferette del diametro di pochi millimetri. Queste si muovono in me ad una velocità pazzesca, quasi vorticando. Non capisco nulla. Vado avanti perchè le gambe reggono, e vorrei che qualcuno si offrisse in qualche modo di attirare magneticamente il mercurio, renderlo meno instabile. Non ho certezze, solo pezzi di vita che mi passano sotto il naso facendomi sentire diverse fragranze. E  ho idee, nuove possibilità, attimi tiepidi che scaldano il cuore, gocce di ghiaccio a gelarmi, silenzi in cui mi sento inutile, spiegazioni snocciolate a lacrime, voglia di futuro che mi fa...

Paura. Ho paura.