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13 agosto 2021

Learnings #17

Non so perché mi ostino a chiamarli "Learnings", visto che poi puntualmente non imparo un cazzo. Dovrei chiamarli "Consapevolezze"; con la consapevolezza, nonostante alti e bassi, ci vado a braccetto. Ad ogni modo:

- Le persone sanno mancare in modi diversi, e quelle che lo sanno fare meglio sono quelle che non hai mai davvero avuto;
- Vorrei disperatamente non fare niente per sempre;
- Devo darmi una regolata col cibo senza che questo sfoci in un ipercontrollo sulle mie funzioni primarie;
- Devo forzarmi a fare cose, qualsiasi cosa;
- Uscire con le amiche mi ha fatto tornare nelle narici il profumo di tutto ciò a cui ho rinunciato (o forse era il profumo del ristorante messicano a cui siamo andate e mi sto confondendo);
- Devo muovere il culo;
- Riformulare lo stesso concetto in mille modo diversi non mi aiuterà a mettere in pratica proprio un bel nulla (cuore verde per te, piccola Marti);
- Mi spaventa un po' la terapia sospesa per tre settimane. Fa niente, va bene;
- Devo scrivere l'ultima relazione che mi manca, preparare delle presentazioni Power Point, procedere con il master e dovrei fare colazione ma so che non la farò;
- Pianificare continuamente la prossima settimana nella mia mente mi fa stare meglio, eppure una vocina mi dice che è patologico;
- Sono ritornata al punto di partenza secondo cui l'estate fa schifo. Lo credo fermamente;
- Devo mettere mano all'armadio e buttare via un sacco di cose;
- Io voglio una stanza così:

La casa interamente così. E qualcuno che mi aiuti nelle pulizie.


17 novembre 2018

FARE.

Ma, allora. Questo sarà un post di cose random dette in una sorta di flusso di coscienza. Sarà tuttavia un flusso di coscienza ordinato, che detta così suona da potente rincoglionimento, cosa che non proverò a smentire.

Innanzitutto questo è il periodo della frustrazione. Mi frustro se vedo che uno spazio libero lavorativo é stato riempito da qualcuno senza avvisarmi. Se la serata-divano subisce repentine modifiche diventando una serata-ho un impegno. Se il bambino che ho davanti continua a dire 'tole' nonostante dica una S meravigliosa in produzione isolata. Se voglio fare una buona azione e questa mi viene cassata. Se mi voglio impegnare nel credere davvero che la mia insalatina sia gustosa e soddisfacente e qualcuno dal salotto mi sussurra "se aspetti venti minuti son pronte le lasagne!".

Ovviamente la frustrazione si tramuta in un impellente bisogno di dare testate al forno. Al muro. A mia madre. Al tavolo.
Le testate cerco di non darle, quantomeno per il benessere di mia madre, se non per il mio. Allora mi butto su altro (sì, sta per arrivare un elenco con molte parentesi):

- lo shopping su Wish (le cose fanno cagare e arriveranno - forse - tra un mese, quindi: perchè?)
- il cibo (sono a dieta, stramegacazzo)
- un immotivatissimo hype per Natale (mi sento già in merda coi regali)
- la scrittura (che esce poco e male, quindi il tutto crea un circolo vizioso allucinante)
- il nervoso (che sento nello stomaco, nel collo, nelle spalle. Ah! Nel sonno - che come la scrittura risulta poco e mal..va beh, avete capito -)
- corsi online, lettura di appunti, studio a caso (rilassantissimo)
- lotte contro mulini a vento (per me o per chi mi sta intorno, ma che sono perse in partenza, potenzialmente fatali, ingarbugliate, insensate. Che rock, cazzo).

Una cosa è certa: devo fare. FARE. Qualsiasi cosa. Fare.
Se mi fermo esplodo. Se mi fermo collasso.
E io - no, no e no - non me lo posso permettere.

Ciao.

29 settembre 2015

Tipo, nel senso: tutto chiaro.

Come sempre, ritengo che alla fine la differenza la facciano l'arrendersi o il combattere.
Non la fa la fortuna, cosa che non sono tanto certa esista, non la fa il destino. No.
Il vero punto di svolta in una situazione di merda, è l'andare controcorrente e marciare contro quell'assurda tendenza a raggomitolarsi su se stessi davanti al dolore. Mollare la presa nei confronti dell'ennesima corazza e andare, fare, conoscere, provare, dire.

Me lo insegnano i bambini tutti i giorni: quelli che esitano sono infinitamente più problematici di chi ci prova, perchè il tentativo può andare a vuoto, ma la soddisfazione eventuale di avercela fatta è di gran lunga più potente e dirompente. Può trasformare una seduta da mediocre in una strepitosa, e un sorriso tirato in uno scoppio di gioia.
I bambini che ce la fanno sarebbero da aggiungere all'elenco delle Meraviglie del Mondo.
Incarnano in loro l'adrenalina accumulata durante atti di immensa fatica e la consapevolezza di aver fatto quel passo in più che cambia l'esistenza. Verso l'autonomia, verso il benessere, verso la Bellezza.

Dovremmo imparare da loro, noi "grandi". Lasciarci andare un po' di più; provare a condividerla, quell'idea che tanto ci spaventa. Darle credito, perché se esiste è perché è necessaria.
Non negare un'esigenza, ma tentare di parlarne. Comprendere che quando "è il momento", da quello non si scappa. Non avrebbe senso.

E, allora, dovremmo combattere. Non contro qualcosa, ma PER qualcosa.
Per noi stessi, prima di tutto (e quanto è poco casuale il fatto che usi il "noi"!!). Per le nostre idee. Per la nostra felicità, tipo.
Nel senso: per il futuro.


27 settembre 2015

Esperimenti vocali #1

Credo sia per via del fatto che sono anche questa.
Tipo che me lo devo.


La stagione del tuo amore
F. De Andrè

16 agosto 2015

Nemmeno se.

Nemmeno se mi perdessi continuamente chiavi, portafoglio e telefono lasciandoli sul marciapiedi o sul tettuccio della macchina.

Nemmeno se Mannarino mi dicesse che a Carroponte mi ha notata nel mezzo della folla e ha riscritto la canzone cambiandola in "Me so' 'mbriacato de Martina".

Nemmeno se dovessi sbagliare sempre strada col navigatore e arrivassimo in ritardo a qualsiasi appuntamento, costretti ad andare avanti indietro sulla stessa via per dieci volte, col trattorino che ci prende per il culo.

Nemmeno se mi comprassi decine di mantelline per la pioggia rosa confetto.

Nemmeno se dovessi impiegare ore per svegliarti al mattino, sfiorandoti il braccio e tu che mi assicuri "sì, sì", col testolino per dirmi "sono sveglio". E invece non è vero.

Nemmeno se il passato dovesse continuare a ferirti e io a lottarci contro, provando a cancellarlo col nostro presente.

Nemmeno se tutte le volte si inaugurasse il viaggio morendo di incidente stradale*.

Nemmeno se continuassi a farmi notare "patatine" per le strade e fotografare gente casuale per poi modificare le immagini e mandarmene trenta per volta (sì, bella 'sta sciura che guarda il Colosseo, ma io e te dove siamo?).

Nemmeno se continuassi a ungermi di creme di ogni tipo e io facessi SWISSH ogni volta che mi abbracci e/o scivolassi sul pavimento sbattendo il sederone (perchè mettersi ettolitri di crema "fa bene").

Nemmeno se continuassi per l'eternità a portarmi in posti dove sono morte persone, a farmi sentire canzoni in cui si racconta la storia di persone morte, a chiedermi informazioni geografiche e storiche sapendo la mia innata riluttanza per l'argomento (Quito. La capitale dell'Ecuador è Quito).

Nemmeno se tutte queste cose si avverassero io ti mollerei. Ma manco morta.
Mettilo in conto, perchè è una minaccia, sì.


Ho imparato che più si pospone il momento in cui si vuole scrivere qualcosa, più significa che si ha paura di far uscire i concetti dalla propria testa.
Perchè perdere belle cose, o comunque farle sbiadire, fa tremare un po' dentro.

*
Per non far preoccupare nessuno (..ma chi?).

6 giugno 2015

Learnings #10

È il caldo, credo. Scusatemene, ma non so se riuscirò a rispondere di tutto ciò che sto per scrivere.
1. È bello ascoltare musica in tv alla mattina; passano canzoni migliori che in tutto il resto della giornata. È di sicuro perché sanno che li sto guardando io.
2. Se ti svegli alle 4 però non è considerabile "mattina", quindi non accendere la tv in cerca di buona musica.
3. Odio i matrimoni. Odio l'eventualità di incontrare le care amiche dei tempi andati. Se sono andate, come i tempi - per l'appunto - ci sarà un motivo.
4. Io devo scrivere. Se non scrivo, qualcosa si rompe e io sto male.
5. So esattamente che tasti premere; lasciamo tempo al tempo.
6. La voglia di coppa di gelato si può estinguere solo ordinando una coppa di gelato. Cosa che io ancora non ho fatto (MESSAGGIO SUBLIMINALE).
7. Hai capito che faccino da guru indiano?
8. Bramare l'aria condizionata è funzionale solo nel momento in cui si è sicuri che gli impianti di condizionamento siano periodicamente ripuliti da polvere e batteri. Altrimenti, nei primi due giorni, la puzza di morto non te la leva nessuno.
9. Mi piace lo smalto rosso sangue.
10. Odio le persone che dicono "prima tutti a lamentarsi del freddo, adesso arriva il caldo e tutti a rompere le palle per il caldo!". No, io voglio il freddo. Mai lamentata del gelo porco, anzi lo bramo. Neve, sciarponi, maglioni, pupazzi di neve. Voi, insulsi amanti dell'estate: farete una brutta fine, cuocendovi.
11. Bambini: andate in ferie. Mica vorrete fare logopedia con 'sto caldo. Dico io.
12. E se mi colorassi i capelli di rosso?
13. È inutile fare programmi da strafiga: capelli rossi, gonne, tatuaggi. E poi non fai mai un cazzo, Martì. E datte 'na calmata.
14. Sì. Ho una nuova pillola di logo da scrivere. Ma devo prima rielaborarmela dentro un po'. Che fa male.
15. Vorrei che le cose fossero diverse.
16. Vorrei essere diversa.
17. Ogni tanto nella mia pancia c'è un folletto che salta. Ho imparato a conviverci. Lo chiamo Ansietto. Di notte corre sulla ruota come un cricetino. Me lo immagino coi capelli blu, scompigliati da un vento fresco, e il volto olivastro con brillantini verdi. Deve avere quelle rughette tipiche dei folletti, e secondo me racconta storie divertenti alle mie budella. A ben pensarci è un'immagine raccapricciante. Ma amo queste cose.

Buona estate. Mh.

27 gennaio 2015

Con due "ci".

È per via del fatto che quando una arriva al tetto, poi ha due alternative: o si butta giù o urla con quanto fiato ha in gola.
Non starà a guardare gli ipocriti che si fingono vittime essendo nel frattempo parte integrante - e pure subdola - del problema. Non baderà molto all'arrotondamento degli spigoli ma farà avvertire tutta la loro durezza. Non farà riferimento al fatto che le incombenze per essere tali necessiterebbero di approvazione da parte dell'individuo che le subisce, lungi lui dall'essere mulo da soma.

Non saranno questi i dettagli importanti.
Il fondamento starà invece nel disincanto, nella facilità con cui quest'una sul tetto ci sia arrivata, e non si sorprenda neppure di vedere metri e metri sotto di lei, senza nemmeno avvertire un poco di vertigine.
Il fondamento starà nell'amarezza, quella sensazione di affanno per non si sa più quale corsa, verso quale meta, con quali gambe, lo stomaco e lo spirito gonfi di cosa.
Ritratti gli artigli e abbassata la coda ad assenso, resterà soltanto una sagoma da riconoscere in fretta.
Un felino. Quello sul tetto sarà un felino, sì.

Una micia, con precisione. Una di quelle con due "ci".
Occorrerà badar bene ad avvicinarlesi con del fuoco, poichè lo scoppio sarebbe immediato e inevitabile.
Risparmiategliele, alla micia con due "ci", le scenate patetiche. I grandi, quelli veri, lo sono perchè si sentono piccoli, non perchè ergono palizzate di superiorità. Lo impara ogni giorno, entrando nell'auletta blu ed uscendovi con grandi saggi e trattati provenienti da esserini al di sotto del metro e cinquanta.
Non usate ironia, lei la padroneggia assai meglio, a tal punto da servirsene da scudo per sopravvivere negli anni, che ormai sono quattro. Non crediate che quelle siano crepe, son cicatrici.
Quelle da micia che combatte per non cedere alla paura, e mica del buio.

Che - sappiatelo - la micia, proprio lei, con occhi magici lo sa: il buio vero, quello dei mostri cattivi e delle streghe occhi di giada, non è quello della notte che spunta la luna e non si scorgono più ombre, no.

Il buio di cui aver paura è quello che viene da dentro, con rabbia e angoscia.
È il buio di cuore malato, vuoto, nero.
Solo.

6 dicembre 2014

Elenco di quindici #4

Tempo di quasi feste, tempo di desideri, di "e se..?", di viaggi con la fantasia.
E allora viaggiamo nel meraviglioso mondo delle ipotesi.
Di seguito, l'elenco di 15 delle cose che vorrei, vorrei tanto, dire a qualcuno. E libertà sia.

1. Domani sarò mestruata, quindi è meglio evitare di rompermi i coglioni oggi.
2. No, signora, non lavoriamo ancora di sabato per necessità varie. Lei invece da quando è costretta a praticare sesso anale?
3. Sì, ogni tanto vedo lucine negli occhi, mi si informicola una mano o metà faccia, il tutto seguito da emicranie lancinanti. È tanto simpatico sentirsi dire "che culo che vai a casa a dormire, anche io mi faccio venire un po' di mal di testa magari". Simpatico quanto soffrire di dissenteria il giorno di Natale.
4. Non ho una stracazzo di opinione in merito, sto dicendo sì sì perchè non avrei elementi per argomentare il mio dissenso.
5. Dovevo spaventarmi, raggelarmi? Sono - credimi - solo amareggiata che il mio responsabile mi consideri un pacco facilmente sostituibile e che consigli al "suo team" di cercare altrove se c'è malcontento.
6. Se appoggi cose l'una sopra l'altra sino a farne una torre, poi non sorprenderti se i mattoncini ti cadono sopra al mignolo del piede.
7. Non sorprenderti che un mattoncino che cade sul mignolo del piede faccia male.
8. Grazie per essere il mio motivo per sorridere; qualcuno ti considera semplice soluzione a molti problemi, ma non è così. Sei molto di più, sei problema e soluzione. Sei male e bene. Sei dolore e gioia. Sei vita.
9. Sono stufa di ascoltare, di leggere per altri, di scrivere per altri, di pensare per altri, di parlare per altri, di pazientare, di fare silenzio, di ingoiare rospi, di far finta di niente, di soprassedere, di accontentarmi, di mediare, di mantenere la calma, di non avere tempo, di respirare piano, di stringere i denti.
10. Non avrai mai il mio consenso. Non dopo che ho scoperto chi sei veramente, non dopo le idiozie, le manie, le cose inutili, le cattiverie, le macchinazioni che ho sentito uscire dalla tua bocca.
11. Ah. Non vuoi fare il puzzle delle principesse con me e chiudere la bocca quando dici "pa", continuando a dire invece "ha"? Benissimo, bambina: esci da questa stanza, vai in segreteria ed informa tua madre che hai deciso di rinunciare spontaneamente alla terapia contro il parere della logopedista. Vai, e apponi la tua firma in calce con la data corretta, grazie.
12. La tua voce mi fa piangere ed è qualcosa che va oltre la tristezza o la felicità, e non te lo so spiegare. E le tue canzoni ormai mi seguono e fanno da contorno alla mia vita e se dovessero sparire un giorno, dimmi: io - senza cornice - dove cazzo finirei?
13. Sogno di prendere colori tra le mani e spalmarli sulla faccia, ma non capisco perchè poi qualcuno dovrebbe sgridarmi. Perchè le persone sgridano i bambini quando si pitturano la faccia?
14. Difenditi da sola. Io l'ho sempre fatto, e quando sapevo non ce l'avrei fatta, ho evitato di mettermi nella situazione di dovermi difendere.
15. Natale, dove sei? Voglio le luci, il freddo, i campanelli, la neve, le guance rosse, le canzoncine, le ferie e i glitter colorati di cui rivesti ogni cosa senza preoccuparti di sporcare o dare fastidio, che a te nessuno poi ti sgrida se sporchi le facce della gente. Tu puoi.


28 settembre 2014

Learnings #7

Quando si inizia a scrivere un post, si dovrebbero avere le idee chiare riguardo all'argomento su cui si vorrebbe scrivere.
Quando ciò non accade, e sembra che al cervello siano incollati tanti post it gialli con argomenti interessanti, allora io concludo che potrebbe essere il caso di creare un learnings nuovo.

Questo cappello introduttivo è presente solo perchè volevo avere un'occasione per scrivere "cappello introduttivo". Scusatemene.

1. Ci sono momenti in cui è giusto sedersi intorno ad un tavolo (o sopra a delle tegole ondulate che ti piastrano il culo) e parlare.
2. Ci sono momenti in cui chiedersi "e ora cosa faccio? Sono in ballo....ballo.".
3. Ci sono momenti che passano in fretta e il tempo che vola sa di sigaretta. Cit.
4. Ci sono momenti in cui prendere un treno e tornare indietro nel tempo è possibile, e spesso ti dici che avresti fatto Lingue e ora saresti da un'altra parte.
5. Ci sono momenti in cui schiacci il tasto rosso e parli e canti e senti la voglia di svuotarti come in un immenso bicchiere di vetro.
6. Ci sono momenti in cui tenti di impacchettare la paura in capitoli, uno per volta, che se te li leggo e ti piacciono e vuoi sapere come va a finire la storia non mi devi lasciare per molto tempo ancora. La sai la storia delle Mille e una notte? Ecco. Non mi abbandonare.
7. Ci sono momenti in cui parli di qualcosa anche se hai paura che a dirlo ad alta voce sembri stupido o possa scapparti dalle mani.
8. Ci sono momenti in cui le unghie più quadrate sono l'unica cosa che parrebbe avere contorni definiti, l'unico appiglio alla logica, alla razionalità.
9. Ci sono momenti in cui ti senti fiera delle tue capacità, che chiunque dica che non credi in te stessa non ti conosce abbastanza.
10. Ci sono momenti in cui pensi a chi non c'è più, a quanto abbia condizionato il tuo essere, il tuo fare, il tuo reagire.
11. Ci sono momenti in cui le occasioni vanno colte al volo, o almeno così sembra.
12. Ci sono momenti in cui ti accorgi che come al solito ti rifugi nelle frasi che iniziano nello stesso modo, una sorta di trampolino di lancio del pensiero, per non scioccare troppo chi legge.
13. Devo slegarmi da molti sovrapensieri, togliermi i fili ai polsi e vedere dove le mie mani libere mi porteranno.
14. Ho voglia di parlare. Ascoltare l'ho sempre fatto, lo faccio sempre.
15. Non ho rimpianti, sono solo affascinata di come l'affastellarsi delle vicende passate mi abbia portata qui, sempre a credere, a sperare, a VOLERE.
16. Voglio stare bene.
17. Sta cambiando qualcosa e io lo sto avvertendo. Rumore come di cose che vanno al loro posto, ma stavolta è per me.
18. Devo ringraziare. Ringraziare qualcosa, qualcuno. Grazie.

Naturalismo astratto. Mario Zampedroni.
Mi piaceva.

21 settembre 2014

Para-paranoie

Unghie nella mano, due lune rosse che mi fissano e aprono la bocca. Respiro a cercare luce verde che non arriva, battito in gola e voglia di abbattere tutto e tutti con tutta me stessa e farmi male, quel male che so riesce a far tacere voci, che parlano anche con la musica in sottofondo e io odio. Perchè mi sento fragile, molle, stupida, nuda, fianco che svela, fianco che invita, fianco che chiama lancia e io muoio. Trafitta. Rido e non volto pagina. Rido e voglio picchiare. Rido e no: non rido. Piango fiumi e cerco un perchè, una soluzione plausibile, un orario che non mostri ciò che non voglio vedere. Attendere, l'attesa uccide. Molte cose uccidono. Molte cose. Uno più sei più due più otto. Diciassette. Sette. Pensa, perchè non pensi che io muoio? Perchè non pensi che ho bisogno? Qui immersa in un borotalco non mio e che mi pare di sentire labbra sul naso? Respiro che fa fatica ad entrare perchè pesa. Largo, slarga, infiltra, goccia che cade e tu non ci sei. E dico subito. Conto fino a dieci. E se è un mettermi alla prova muori. Ti uccido. Ci sono già io che mi metto alla prova ogni giorno e mi ammazzo. Sarà che non l'ho mai cercata la felicità.
Hanno tutti mostri sotto al letto.
Mostri sotto il letto.


14 settembre 2014

Ice challenge (non bucket)

Piccolo albero innevato davanti ad una calda immensità.

Una richiesta piccola, sussurrata con voce pacata.

La parola un po' rotta dall'emozione, dalla paura, ma detta.

Credendo, sperando. Chiudendo gli occhi per non esplodere.


"Scioglimi".




21 agosto 2014

Learnings #6

1. Puoi diventare quello che vuoi.
2. Puoi diventare quello che vuoi, tranne un panda e molte altre cose.
3. Sono socievole.
4. Fare cose a caso può aiutare.
5. Fare cose a caso stanca.
6. Voglio un tatuaggio.
7. Fino a quando nessuno te la conferma spontaneamente, una cosa che sai non la sai davvero.
8. Otto viene dopo sette.
9. Si può dipendere da un profumo.
10. Non piango, no non piango stavolta.
11. "La nostra malattia è quella di esser romantici, di guardar bene nel cuore degli altri, di fare a sputi con gli angeli".
12. Due cerchietti possono guardarti fissi.
13. Posso farlo.
14. Vedere se stessi più grandi di una manciata di anni si può.
15. "Mi riduco a un pensatore, noioso e volgare".
16. Credo in me, la mia faccia non è importante.
17. Sei una faccia di cazzo, Uomodimerda. Lo sapevo.
18. "Sto bene" è facile da dire.
19. Avere una faccia credibile è facile, perchè (ripetiamo tutti insieme) "la mia faccia non è importante".
20. Verde. Voglio verde ovunque.
21. Mi batte forte il cuore. Che sia che son viva?
22. Fare le cose col cuore in mano dà sempre..SEMPRE..qualcosa in cambio.


5 maggio 2014

Toh, per una volta tanto, incoerenza [oh parbleau - se si scrive così]

Una si fa dei piani in testa, si fa un elenco certo di tutte quelle frasi che è sicura le sue labbra non saranno più in grado di pronunciare. 
Che ne so, tipo: "mi fido di te", "mi fai stare bene", "mi sento al posto giusto, al momento giusto, con la persona giusta", "sono quasi felice".

E poi, ecco:

..manda tutto a puttane.

La coerenza, santa pazienza.

19 aprile 2014

Game Over.

- Vede, mamma? Sarebbe come - facendo un esempio assurdo ed esagerato - se mi mettessi seduta davanti a un bimbo senza mani e gli chiedessi di prendere in mano una matita e scrivere -.

Rifletto su questa cosa che ho detto alla mamma di un mio pazientino, non più tardi di tre giorni fa.
La mamma ha sorriso ed annuito. D'accordo sul fatto di non pretendere certo troppo poco, ma nemmeno troppo dal suo bambino. Pretendere il meglio che possa darci con le sue potenzialità. Perché è il giusto. Perché il troppo farebbe male a lui e a noi.

E, tre giorni dopo, ci rifletto.
Perché predico bene e razzolo male.
Mi rendo conto di cullarmi in idealismo e utopia (forse); mi rendo conto di pretendere dalle persone ciò che molteplici volte hanno dimostrato di non sapermi dare. Di starci male a livello unidirezionale. Di farmi condizionare la giornata sulla base di queste richieste inesaudite.
E mi sento proprio stupida, perché sapevo di combattere una guerra persa in partenza.

Soprattutto a livello non pratico ma emotivo, sentimentale e intangibile, non si può chiedere a nessuno quello che non ha da dare. Un sentimento non si può obbligare, si può solo provare; e se non c'è, beh: non c'è.
Non ci si può restare male una, due, tre volte nel corso degli anni. Bisogna alzare bandiera bianca e affermare di avere almeno tentato di dare il proprio massimo perché emergesse.
Se non c'è è perché non doveva esserci, punto.

Occorre mettere in tasca l'orgoglio, smettere di dare capocciate ad un muro che non può crollare, medicarsi i bernoccoli, attorcigliarsi in uno strato protettivo in più, che non faccia notare la sconfitta e il proprio esserci rimasta male.
Ogni volta mi sorprendo della mia fragilità. Di quanto la cocciutaggine e la tenacia si sgretolino con poco. Il rendermi conto di tenere troppo a qualcuno che a me non tiene per niente.

La sensazione di essere un pacchetto che occupa il proprio posto. Che se cadesse dallo scaffale un giorno, potrebbe essere prontamente sostituito, come già successo con altri pacchetti. Tutti utili, nessuno indispensabile. Quell'etichetta di "seconda scelta", come con la carne, che sbrilluccica sulla fronte con le luci di Las Vegas.

Sono stata sconfitta.
Mi sono sconfitta da sola, come al solito.

21 gennaio 2014

I favolosi anni '80: MA DOVE???

Ringrazio sin dal principio l'amica A.S.S. per lo spunto, come dire..gggeniale!

Dicevamo - per l'appunto io e A.S.S. - che i favolosi anni '80 hanno rappresentato un decennio importante, di grandi svolte positive e negative. Di rinnovamento e rivoluzione.
Si pensi alla dance di quegli anni. L'omicidio Lennon. Il crollo del Muro. I giochi Nintendo. I look sobri che manco Lady Gaga (Fig. A). Madonna con "Like a Virgin". Chernobyl. La scoperta del buco dell'ozono.
Cioè: ammazza.
Fig. A) Raro esemplare di upupa variopin...ah, no. Cindy Lauper.
Beh. Io e A.S.S. facciamo risalire a quel periodo ben altro.
Nuove tecnologie? Esplosione dei media? Nuove tendenze nella moda?
Ma no. Ma no. MA NO.
Per l'appunto.
I "favolosi anni '80" sono stati la culla del concepimento e della messa al mondo della più immensa popolazione di esemplare maschio umano rincoglionito che sia mai esistita.
E' così, non ci si scappa. Lo dimostrano le nostre esperienze maturate nel ruolo di "sfortunate ragazze fine anni '80", I tentativi sono stati molteplici, lo giuro. E gli animi hanno lottato a lungo prima di dichiarare la sconfitta: i maschi anni '80 proprio NON CE LA FANNO.
Nun ce so. Nisba. Nada. Zero al quoto.

Riflettendo, abbiamo capito che non ci restano altro che due opzioni sulle quali buttarci. Traslare:
A) sui quasi adulti (ma quando mai??!) degli anni '70;
B) sui rappettari, minchiazzioh, stramegapauer degli anni '90.
Oh. Mi vergogno un po' a dirlo, ma io ci tenterei con questi.

Ahò. Uozzap, 'bro??

17 gennaio 2014

Quanti cinesi servono per..

Ok, cerco di spiegarmi [che il post precedente è stato 'no sfacelo perché ero in ansia].
In pratica: stamattina avevo questo concorso. I pro erano: il lavoro è a tempo indeterminato, il lavoro è nella mia città, sarebbe un bel cambiamento, mamma e papà sarebbero contenti, potresti prenderti una bella casetta nella BP (Bassa Padana) e non ti daresti della rincoglionita per non averci provato (che non sia mai restare sulla strada semplice senza complicarsi la vita [!!!], è da deboli).
I contro erano semplicemente: ehi, non voglio vincere questo concorso.

1: Sono contenta di averlo fatto.
2: Sono contenta di non aver passato la prova preselettiva.
3: Sono contenta di non aver avuto una decisione da prendere perché, per una volta, la scelta si è presa da sola.
30 minuti per 30 domande. Il must di passarne 21. Io ho fatto 17.
Ha portato bene il venerdì 17, si vede. O il non studio. O il fatto che fosse impossibile e che siano passati solo 4 candidati.

Beh. Fattostà che apri il foglio e ti trovi scritte domande del tipo (sono esempi, se non si capisse):
- Quanti cinesi servono per avvitare una lampadina? (sì, all'inizio ridi)
- Se possedessi un cubo cavo di rame della grandezza di 30 cm di lato, quante viti potresti rovesciare al suo interno senza farne traboccare nemmeno una sul tavolo (essendo il tavolo costruito in legno di noce e dipinto a mano con un barattolo di vernice verde acqua n°38)?
- Quanti peli del naso possedeva in media Napoleone? (che inizi subito la conta AMBARABACCICCICCOCCO').
- Di che colore è la fragola? (che inizi a pensare: rosso è troppo semplice, se magari intendessero acerba? O se per fragola alludessero ad altro? Che poi: se sono daltonica? Cioè il daltonismo è maschile, ma se io fossi l'unico esemplare esistente al mondo in cui la patologia....'fanculo. Rosa confetto, risposta definitiva, l'accendiamo.)

Sì, non so se mi spiego.
Beh, in ogni caso non mi sono sentita male per il fallimento, quanto in realtà bene, perché ho scoperto di avere attorno delle persone che ci tengono al fatto che io sia lì con loro ogni giorno.
Persone che sanno incoraggiarmi il mattino ma che sono soprattutto contente di sapere che sarò ancora in mezzo ai loro piedi, almeno per ora. 
E è tipo una roba che fa sentire bene. Incoerentemente bene.
[Quando la mia incoerenza lavora così, mi rendo conto di saperla proprio apprezzare, zio pera.]

Tutto questo per dire che - per una cazzo di volta - sono contenta di non avercela fatta e di non essere stata all'altezza. Il lupo dell' "in bocca al" mi ha mangiata. Ma gli resterò sullo stomaco; cazzo se ci resterò.
E boh. Questa giornata fa proprio weekend. Domani lavoro ma fa niente. 

Mi piace, il mio lavoro.
Mi piacciono, le MIE persone.

"..but my legs are fine/after all they are mine"

10 gennaio 2014

'Sta cosa dello zainetto.

Quando studi, 'sta faccenda dello zainetto te la condiscono su bene.
Che quasi arrivi a pensare " 'Sticazzi, è una roba figa". Puttanate
In sintesi, il concetto è questo: quando pratichi una professione di cura, devi immaginare di possedere una sorta di magazzino virtuale in cui versare tutta la merda quotidiana. Alla fine della giornata, questo magazzino viene chiuso e lo zainetto deve essere tolto dalle spalle e lasciato ai piedi del tavolo nello studio. 
In soldoni: i pazienti non vanno portati a casa.
Che dicevo sopra? PUTTANATE. Sì.

Io mica ci riesco. E non so se questa cosa mi farà sclerare a breve, entrare in burnout precoce, o se tra qualche anno sarò davvero ad Honolulu a vendere ghiaccioli.
Ma penso anche che sia quello che fa di Martina la Logopedista Martina. 
Diversamente mi sentirei un peso enorme sulla coscienza. Sentirei di non fare abbastanza.
C'è chi mi tirerebbe le orecchie, sì.
E' che in realtà, questa cosa dello zainetto si dovrebbe attivare sempre, a vederne il principio.
Mettiamoci dentro una casa sfasciata e un bimbo che ti chiedi cosa diventerà da grande.
, quel mescolino a cui non sai resistere e che ('stavolta non ti chiedi perché lo sai) da grande diventerà una difesa multistrato difficilmente oltrepassabile. , quello che a otto anni non sa il nome di sua madre.

E, però, mettiamoci anche dentro quei pugni al calorifero. Le gallette come cena, l'intestino che ti manda a fare in culo e le lacrime. Uomodimerda che sta facendo esattamente quello che - col cuore (non solo quello) in mano e le difese (non solo quelle) abbassate - gli avevi supplicato di non fare. Persone che t'inculano col sorriso sul volto e facendoti credere di essertelo meritato. Incertezze per il futuro (inteso tra 6 mesi o la prossima settimana). La neve che non arriva, quest'anno, e io mi chiedo perché non me la stai facendo cadere (nonna, se mi senti: do cazzo stai?). La solitudine in mezzo alle persone.
Eccetera eccetera eh.

Perciò: sarà l'influenza del filmetto visto la scorsa settimana (che mica me lo perdo che lo danno due volte l'anno per l'Epifania e la Pasqua e io me lo cucco bella bella svaccata in cucina) ma ho pensato che, essendo astronomica la mole che dovrei metterci dentro, tanto vale prenderlo buono, 'sto zainetto virtuale.
E mo' la sparo grossa (che ci piace, ohhsì che ci piace). Lo scelgo bene.

Prendo quello là che ci posso mettere dentro un appendiabiti, uno specchio e una lampada.
E un metro che mi dirà che sono PRATICAMENTE PERFETTA.
Vabbè, i fiori me li farò piacere. Per una volta posso far finta di essere quasi una femmina.

Quella lì a sinistra, grazie.
Metti che poi mi metto pure a volare, voglio dire.

Una buona occasione per levarsi tutti dai coglioni.

16 novembre 2013

NonPost

Penso, no: data la mia incoerenza (quel vecchio fatto che dico no per dire sì e dico sì per dire no) se vado da Bonolis magari al gioco finale vinco 'na cifra di soldi.

Oh Oh Oh: ma che davero davero?

29 settembre 2013

Ricetta #2

In molti mi hanno scritto (ahahahahahahahahaha) soddisfatti dei risultati ottenuti con la Ricetta #1, così ho deciso di replicare l'esperimento. Questa volta, il prodotto finale avrà delle sfumature decisamente più malinconiche.

INGREDIENTI:
- 6 litri di pipì (causa piscèra - per chi non sapesse, è quel dover continuare ad andare in bagno, che non si capisce perché, visto che NON HAI ingerito un'anguria, 10 ghiaccioli e 3 CocacolaMaxi, o almeno non ricordi di averlo fatto, e che mamma dice "Meglio, ti stai depurando!". Ahhhà, okkei madre -);
- 1/2 domenica di pioggia, l'altra con un sole che infastidisce gli occhi e/o con un venticello stronzo che ti fa solo venire voglia di fare altra pipì;
- 1 persona da non sentire. Manco per gli auguri di Natale (va beh. Che ci sono rimasta male posso dirlo, almeno a me stessa?);
- 1 telefonata da fare sulla tazza (per via della piscèra, sempre lei. Figo poter parlare con tanta nonchalance di urina. Qui, non nella telefonata, se non si fosse capito);
- 2 canzoni da ricordare, 1 nuova (per Nicolò che forse, magari, prima o poi leggerà il post, ne ho ascoltate un po' dei Blastema. "Tira fuori le spine" mi è piaciuta. Grazie).
Riempitelo con ciò che più vi aggrada. Oddio. Suona strano.
Porre gli ingredienti sopraelencati in una bacinella, mescolare con cura, evitando la formazione di grumi di stanchezza (sarebbe utile spegnere il cellulare con la sveglia preimpostata sulle 6.50, ed unitamente a quello zittire l'orologio biologico che pare inconsapevole dell'esistenza di giorni festivi). Lasciare decantare per circa 4 h, durante le quali potrete passare un'intero pomeriggio alla ricerca di calzature adatte a quei vasi di geranio dei piedi di vostro fratello (o di un qualsivoglia parente prossimo).
Mentre vi destreggerete fra scarpe pelosette, a collo alto o basso, suola da 0.5 o 2 cm, colore grigio topo, tortora o asfalto, l'amalgama si gonfierà a dismisura (in relazione inversamente proporzionale ai vostri entusiasmo, voglia di vivere ed amore fraterno).
Perché avvenga la corretta reazione degli ingredienti, sarà necessario cantare a squarciagola le 2 canzoni da ricordare (precisazione: meglio se dei Modena City Ramblers) col suddetto fratello o parente prossimo. 
Versare il composto nella terrina e far congelare nel freezer per almeno 3 h. Quello che otterrete, una volta estratto, sarà una fotografia della vostra vita attuale.

Vi vedrete cambiati, sappiatelo. Cambiati in meglio, o in peggio; non si sa. Solo diversi da prima.
E nemmeno quel prima vi sembrerà così facile da collocare a livello temporale.
Capirete che sono poche le cose che invece sono rimaste: quel fratello a cui volete bene. Quel paio di canzoni che mica si levano dalla memoria. Quel vento che soffia e che porta pioggia, autunno, pipì. Quella strada che sa di "sto tornando a casa" e che fa venire voglia di cantare.Vi troverete nella tasca cose che prima avreste rinnegato: istintualità, incoerenza, instabilità, dolore, voglia di sentirsi liberi di fare gli auguri a chiunque si vorrebbe, il prossimo Natale.

Oh: ma la neve quando arriva?
Forse nella prossima ricetta....

20 settembre 2013

Learnings #2

Mi sono rotta il cazzo di:
- Piangere per ogni minima puttanata (chiedo venia per la volgarità, anzi no);
- Non avere un minuto di tempo per fare cose utili (tipo respirare);
- Quelle persone che "Scusa, posso disturbarti un secondo..?" (.....NOOOOOOO!);
- Sentire cose che non mi interessano sull'organizzazione degli altri e di riflesso chiedermi se ho infilato le mutande dritte o al contrario (i teschietti dovevano essere davanti - sì, ho ANCHE mutande con i teschietti, perché? -);
- Weekend che non sono weekend;
- Sentire le lamentele degli altri (della serie "faccio cose anche io ma non te lo sbatto in faccia, come la mettiamo??");
- Bambini che mi rubano il naso (voi ridete e io no, quindi fermate quest'inutile teatrino, che tanto il naso non mi si stacca);
- Bambini col moccio al naso (chiederò a vostra madre il risarcimento per il mucolitico);
- Dubbi riguardanti persone che io tendo a ritenere speciali (wooh, questa è da parafrasi);
- Aver voglia di qualcosa, e non poterlo fare;
- Dopo il due viene il tre e il quattro vien da sè (chi cazzo lo dice?);
- Metafore (ahhhà, sì);
- Capire quando vorrei ignorare;
- Ahahahahaha (è isterico);
- "..la mia vita fa schifo, deve cambiare qualcosa, lo sai che è così, è difficile, bla bla" (ma cambia cervello, che tutti si rialzano in piedi e vanno avanti a camminare, anche dopo che sono stati masticati e risputati sul cacchio di marciapiedi al freddo, nel momento in cui passava il pulistrada o come diamine si chiama).



Il succo di ciò che ho imparato è che le parentesi sono importanti.
Urrrrrca, se lo sono.

PS: qui il ripasso della lesson number one.