29 ottobre 2016

Tesori.

Io non so cosa voglia dire essere genitori, però so di sicuro che per essere bravi ad esserlo, occorre conoscere i propri figli nelle loro essenze più pure.

Nella mia vita è qualcosa che ha a che fare con tanti aspetti.
Volermi bene, per esempio, anche se l'ultima volta che l'ho abbracciata - e maldestramente, anche - è stata quando è morta la prozia, 4 anni fa.
Apprezzarmi anche quando la sera al telefono, incazzata come sono con il mondo, le rispondo a monosillabi e se mi dice "ti voglio bene" (sempre lei, per prima), ribatto svogliata "anche io", sforzandomi di aggiungere le successive tre parole come eco alle sue, per non farla rimanere male.
È esserci anche se nel tragitto Crema - Cremona o viceversa in macchina io non spiaccichi parola eppure lui riesca a capire se son stanca, arrabbiata o triste e non mi dica nulla in aggiunta al solito "mangiamo una caramella alla menta?", perchè sa che star zitta è il mio modo di guarire.
È decidere di coccolarmi con gli sguardi anzichè con le braccia, perchè sa che odio le persone che mi toccano, mi baciano sulle guance, mi cingono le spalle o mi accarezzano, perchè sono cose che solo i bambini e l'Amore possono fare.

Non condannano, mamma e papà, il senso di inutilità che mi fa annaspare dopo un'uscita con le persone "normali", cosa che capita nella vita di tutti, prima o poi.
Intendo quelle che si baciano sulle guance, appunto, e discutono dei viaggi, dei libri, dell'attualità, del tempo balordo, delle foto belle, mentre io sono impegnata ad osservare le dita del cameriere che scorrono sui bordi dei piatti e mi chiedo come faccia a portarne quattro in equilibrio senza farli cadere. 
Le persone che snocciolano aneddoti come se non ci fosse un domani mentre io mi ripeto nella testa che devo tenere la schiena dritta e le spalle distanziate e perdo inevitabilmente il filo del discorso. 
Di solito sono le stesse che sono infastidite dai miei silenzi, le mie ancore di salvezza alla sopravvivenza. 

La verità è che passare la vita sperando mi capiscano è un sacco faticoso.
E io faccio tanti tentativi per cercare di non deludere le aspettative.
Per esempio, mi sono obbligata a crescere e ora ho un paio di stivali alti, metto vestiti con le gonne e ho un lavoro di responsabilità. 
Dentro, però - dentro, dico - sono ancora quella che si stupisce dell'approvazione degli altri tanto quanto dell'aria novembrina che taglia le guance al mattino presto. Quella che crede nel Natale magico. 
Quella che i sassolini colorati nell'orto della nonna erano pietre preziose. 
Ecco, i sassolini che, se li raccoglievo con la paletta e una volta filtrati col setaccio, finivano nel secchiello di plastica, non nel portafoglio.

Perchè era lì - lì, sì! -. 
Era lì che andavano i veri tesori.


3 commenti:

  1. Molto bello, condivido perché comprendo, comprendo perché non siamo poi così diverse.
    Ciao

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    1. Ah, una gran bella fortuna somigliarmi! :D
      Serve tanto lavoro su se stessi, ad essere simili a me..quindi *PAT PAT*, pacca sulle spalle ;)
      Buona giornata

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  2. Del duro lavoro su se stessi ne so qualcosa, molto duro :-))
    ciao

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