26 marzo 2016

Il giardino di cemento.

È paradossalmente un libro che mi è piaciuto più recensire piuttosto che leggere, anche se devo ancora capire bene perché.
É una storia che ha a che fare con tutto ciò che scorre o meglio che si lascia scorrere; ah: e col cemento. Ma anche con qualcosa di morboso e sbagliato, anche se fatto (sarà poi possibile?) per ragioni apparentemente ragionevoli.



Ci sono Julie, Jack, Sue e Tom. Sono quattro fratelli e vivono in una casa enorme con i genitori. Il padre è un pignolo e burbero individuo che non tollera battute di alcun tipo relative al giardino (forse l'unica creatura che davvero sente sua) che cura con pazienza e precisione estreme. I ragazzi non pensano che lui li abbia mai amati veramente, o forse lo faceva in un tempo lontano.
Non lo fa, comunque, da quando un problema al cuore lo costringe al riposo quasi totale, e lui al giardino non può più badare. Le erbacce e gli insetti prendono il sopravvento su piante e fiori, così un giorno decide che sia meglio stendere una gigantesca colata di cemento e nascondere il suo eclatante fallimento.
Sarà proprio quella mattina assolata, mentre il sudore gli cola ai lati del viso, che infine verrà stroncato da un infarto definitivo, davanti agli occhi di Jack che lo sta aiutando.

Se già erano sorti dubbi sulla particolarità delle dinamiche famigliari in questa casa, sarà proprio a questo punto che ci si renderà conto che qualcosa non quadra. La morte del papà segnerà infatti un lento declino nella vita di tutti, complice l'estate in arrivo e quindi l'assenza di impegni e routines scolastiche.
Perchè è proprio ciò che avverrà fino alla conclusione della storia: si lascerà tutto scorrere. Così come deve andare.

Questo succede in primis alla mamma. Sembra che da sola non possa riuscire a portare avanti la famiglia. Si ammala infatti di un male che sa di desolazione e stanchezza infinite, e le medicine che continuamente assume non sembrano per nulla aiutarla. Morirà poco dopo nel suo letto, forse nel sonno - ipotizzano i bambini -, e a questo punto una soluzione la si dovrà trovare. Julie e Jack (i grandi del gruppo) analizzano la possibilità di essere separati ed inviati ad un orfanotrofio, ma forse si tratta ancora di bambini impauriti, o forse gli insegnamenti del padre hanno alla fine sortito effetto. Perchè la decisione che prendono è al tempo stesso semplice e morbosamente macchinosa.
Non c'è cosa brutta che una bella colata di cemento possa occultare, questo devono pensare; la madre finirà in un baule in cantina, murata in un parallelepipedo di legno ed immersa nella stessa sostanza che, in tempi non sospetti, l'aveva vista tanto contraria ai progetti del marito.
E si sa: quando si condivide un segreto di questo tipo, le cose non possono poi migliorare o volgersi in positivo. Ci si aspetta solo il peggio. Che arriverà, nonostante lo faccia con la lentezza dei giorni estivi e l'irrequietezza dell'adolescenza in cui tutti i fratelli - eccezion fatta forse per Tom - si dirigono precipitosamente.

Sì, perchè Jack - il personaggio di cui conosciamo il punto di vista nella storia - entrerà in pieno nella fase della conoscenza del proprio corpo, delle pulsioni sessuali, della ribellione nei confronti delle regole che la sorella maggiore gli impone non avendo il ruolo per farlo, del rifiuto dell'igiene personale, della violenza.
Sue si rintanerà in se stessa, nella sua stanza, nei libri che legge di continuo, nel diario segreto che sempre rivolge alla mamma morta, quasi fosse l'unico destinatario che possa comprendere i suoi drammi quotidiani.
Tom, abbandonato troppo presto da una madre chioccia ed essendo fragile e incerto sulle gambe, subirà una crisi di identità. Picchiato e preso in giro dai compagni a scuola, pretenderà prima di vestirsi ed atteggiarsi come una ragazza - "perchè le ragazze non vengono toccate" -  e poi di trasformarsi in un lattante, con tanto di culla e succhiotto.
Infine c'è Julie, la più grande. Julie che diventa ogni giorno più bella e vanitosa, che prende il sole in bikini su quel mare di cemento che è il loro giardino e spende i risparmi (quelli che la mamma prima della morte ha disposto che venissero versati mensilmente sul suo conto) in vestiti e scarpe. E ha un ragazzo, Derek. Un infallibile giocatore di biliardo che non impiegherà molto a mettere in fila e poi in buca le palle (in molti sensi) di questa famiglia.

Beh. A dire il vero un altro personaggio c'è. La casa.
Sì, perchè anche nel suo caso gli eventi appaiono scorrere come l'acqua impetuosa di un torrente in discesa, inarrestabili. Si trova intanto in un quartiere degradato, attorniato da grattacieli in rovina dove i ragazzacci della zona sono soliti appiccare incendi e sfogare la loro violenza sui detriti. I quattro bambini, poi, riescono solo saltuariamente a curarsi della casa. È enorme e infinitamente più noiosa rispetto alla loro nuova vita estiva dove non ci sono tempi, obblighi, regole o morale. Come dar loro torto?

Questo sfocia però in un mare di sporcizia che si accumula in cucina, in nugoli di mosche e insetti che ronzano attorno ai resti di cibo e, soprattutto, in un odore dolciastro, sempre più forte mentre i giorni passano. Quell'odore, scopriranno quasi subito, non ha niente a che fare con l'incuria in cui hanno abbandonato la casa.
Riguarda invece il loro piccolo segreto. Il baule in cantina, infatti, si è imbarcato sotto il peso del cemento in rottura e da una lunga crepa si intravede ciò che i ragazzi credevano sepolto per sempre.
Derek scoprirà tutto e, se in prima istanza risulterà essere complice della famiglia, quando Julie lo rifiuterà per sempre si vendicherà nel modo più ovvio.

È proprio la scena finale l'emblema di questa storia. I quattro ragazzi chiusi in una camera, proprio come succedeva una volta mentre i genitori litigavano; i corpi stretti, a contatto (nonostante adesso le pulsioni, le forme e i desideri siano diversi e, come già detto, morbosi), una vicinanza che sa di normalità e protezione.
E il mondo resterà fuori a scorrere come ha sempre fatto in balia di meccanismi lontani dalle loro teste bambine, che bambine non sono più ma non importa. Non sembrano adulti in quel momento Julie, Jack e Sue - figuriamoci Tom nel lettino di quando era piccolo -, non dopo il segreto che hanno condiviso, non dopo quell'estate. Non in quella stanza.
In mezzo alle parole sussurrate che sanno di perdono, condivisione, scuse e riavvicinamento, i lampeggianti blu fuori dalla finestra sembreranno solo una sfumatura del cielo dopo una giornata cattiva, una lunga giornata, che però alla sera mostra il bello di sè. E fa sorridere.

2 commenti:

  1. l'ho letto anni fa. Non deve avermi lasciato granchè dato che nemmeno ricordavo la trama :D

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    1. Esatto. Io lo definirei "dimenticabile". So che dal libro hanno tratto una pellicola che ha peró ottenuto buoni riscontri. Buona Pasqua Frog ;)

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