21 dicembre 2014

Let it snow.

Nonna era una grande donna.
Mi ha insegnato ad ascoltare, a non giudicare mai senza sapere e nemmeno quando so, a profumare la casa di lavanda con le bombolette, a cavarmela da sola anche se non guido, che un taxi c'è sempre quando le corriere non passano e le gambe sono troppo stanche per macinare chilometri. 
Conosceva tante persone, nonna. Aveva sempre due parole per tutti e si sbatteva per gli altri. Era buona e sapeva le cose giuste da fare anche se sulla lista della spesa scriveva "candegina, prosiutto e ammorbidiente". E profumava di buono, per coinvolgermi in ciò che avrebbe potuto fare anche da sola mi dava in mano il pettine a conchiglia e mi diceva "ho qualche buco tra i boccoli dietro la testa? Riempilo tu!".
E mangiava pesche e albicocche prima di coricarsi a dormire, nel buio della cucina mentre guardavamo Don Camillo. E rideva di gusto, quando lo faceva.
Si sfregava le mani e le fedi doppie sull'anulare facevano un rumore che mi piaceva sentire. Aveva fazzoletti di tela a non finire, in ogni cassetto. Il pane che comprava lei è il più buono che io abbia mai mangiato, e ora non riesco a trovare lo stesso sapore.

Sono passati sette anni e ancora mi manca da morire, soprattutto vicino alle feste. Ha perso tante cose belle di me, cose di cui so che sarebbe orgogliosa. Avrei voluto mi vedesse diventare grande. Ma sono soddisfatta di ciò che sono, e questo mi basta per sapere che lo sarebbe anche lei.

Nonna aveva lo stesso potere e la stessa consistenza della neve. Delicata, impalpabile ma al tempo stesso concreta, mi faceva meravigliare e sorprendere come un bimbo che appiccica il naso al vetro congelato per ammirare i fiocchi. Era magica, era speciale. E mi manca tanto, un po' come la neve.


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